lunedì 26 novembre 2018

A Pallino...


Dedico questo post ad un amico che mi ha vissuto a fianco per quasi 17 anni. Non sapeva nulla di montagne ma dal suo Balcone si guardava tutti i giorni il Baldo e il Corno D’Aquilio e dalla camera il Carega. Dedicheró un messaggio a lui su una croce di vetta, se mai troverete questo messaggio, abbiate un pensiero per lui.


Mentre scrivo questi pensieri sono qui a fianco a Pallino, un gatto che ha passato con me la sua vita dal suo trentesimo giorno ad oggi, ultimi istanti della sua esistenza. Pallino e Yuma, suo fratellino, erano gli ultimi due micetti di una cucciolata di certosini meticci nati nell’ultima settimana di giugno del 2002. La mia compagna del tempo senti i miagolii provenire dal negozio di animali nel centro commerciale vicino a noi e mi disse..”ne prendiamo uno?”...ci pensai un secondo e scegliemmo Yuma..ma i pianti strazianti di Pallino ci fecero prendere due micetti quel giorno. La storia con lei finì nel 2003 e i mici rimasero a me portandoli alla mia casa natale dove rimasero fino al 2006 quando ci trasferimmo prendendo un’appartamento piu piccolo. In quel triennio Yuma e Pallino passavano le loro giornate tra il giardino di casa e la taverna dove dormivano. Nel 2006 mi venne imposto per motivi di spazio di scegliere un micio perchè due non ci potevano stare. Fu straziante lasciare Yuma ad una volontaria che lo avrebbe portato ad un ragazzo che cercava un micetto e fu ancora piu doloroso dovermene assumere tutti gli oneri, guardarlo in faccia e da bugiardo fargli credere che era tutto apposto. Questa cosa mi tocco profondamente e non me la perdonai mai. Di Yuma non seppi piu nulla, solo una notte nel 2016 mi sognai di lui e credo, anzi ne sono convinto, che quella fosse stata la sua ultima notte. Pallino a parte un paio di giorni di disorientamento ha ripreso la sua vita regolare, felice e giocoso fino al 2015, quando sgattaiolò fuori di casa e sparì. Ricerche vane per un mese finchè un giorno un vicino non lo notó nei garages del nostro condominio. Quasi scheletrico ritorno a casa e anche se fisicamente non si riprese mai completamente, condusse un’ottima vita fino all’estate del 2018 dove il caldo e l’età lo destabilizzarono parecchio. L’autunno passa sereno ma alla fine di novembre i suoi reni crollarono. Quattri giorni di agonia circondato dalle persone che gli vogliono bene e poi si è deciso per l’eutanasia. Un atto di amore estremo, una scelta che nessuno vuole fare, perché a nessun essere vivente deve esser imposto di toglierne la vita ad un altro. Sono andato contro ogni mio principio tradendo anche il secondo fratellino di quella cucciolata, portandolo nuovamente davanti ad un estraneo e rassicurandolo che sarebbe stato tutto apposto, altro atto che dentro di me non mi perdonerò mai ma che almeno, spero abbia alleviato le pene al mio caro amico.

Questa è la storia di Pallino, un gatto come tanti altri ma forse un po piu speciale per me, forse perché era il mio, un essere innocente che non ha mai torto un pelo ad una mosca come tutti i gatti, come tutti gli animali. Sorrido con un velo di tristezza pensando a quelle teorie dove ad esseri così puri gli venga negata una vita oltre alla morte come è garantita agli uomini, gli esseri viventi più orribili dello spazio conosciuto. In questi giorni ho realizzato parecchi pensieri tra cui quello che il più cattivo degli animali  non sarà mai così cattivo come il più buono degli uomini.
Ho lasciato un messaggio in un posto dove so solo io al mio amico Pallino, che io soprannominavo “Sacco” per il suo modi di porsi goffo e pigro:

“Non credo nei “paradisi” dove non vi accettano..o...per forza di cose c’e ne deve essere uno migliore del nostro per quelli come voi.
“Che tu possa avere sempre il vento in poppa, che il sole ti risplenda in viso e che il vento del destino ti porti in alto a danzare con le stelle.” Non so dove e quando ma so che ci rincontreremo! 
Buon viaggio..ti voglio bene “Sacco”!

Ora Pallino riposa in un campo di proprietà di famiglia della ZAI2 alla Bassona nel comune di Verona assieme a tutti gli altri animali amati dalla nostra famiglia come Sini, Susy, Alaska, Chicca, Fren, Ivan, Ringo e molti altri.

Com profondo affetto, il tuo amico Jader



martedì 6 novembre 2018

CIMA CAVAION (28/08/2018)

CIMA CAVAION (28/08/2018)
- Regione: Trentino Alto Adige, Trento
- Gruppo: Alpi Orientali, Ortles Cevedale
- Elevazione: 3140m slm
- Tipologia: Conquista della cima and back per sentiero alternativo.
- Itinerario: Da Malga Mare per sentiero 123 fino al lago Careser, dopodiche vecchia traccia che costeggia la destra orografica del lago fino ad un ruscello a destra in una valle dove si risale una lieve traccia con qualche ometto fino ad una pietraia, da li in poi si seguono lievi tracce di sentiero fino alla cima. Rientro per la stessa via oppure.
- Percorso: Sentiero segnato, traccia non segnata, percorso intuitivi
- Percorrenza: circa 7h senza soste
- Dislivello: 1300m
- Difficoltà: EE A II
- Libro di vetta: No
- Croce di vetta: No
- Flora e fauna intravisti degni di nota: Camosci a branchi
- Densità escursionistica: una decina fino al lago Careser, poi piu nulla
- Punti d'appoggio: Malga Mare
- Note: Giro in una bellissima quanto dimenticata zona tra il pian della Venezia e la Val di Rabbi; la salita fino al Lago del Careser è un piacevole sentiero escursionistico molto frequentato, dopodichè muta il panorama e la difficoltà, il percorso diventa categoricamente per escursionisti esperti con capacità di muoversi su pietraie mobili e tratti esposti.

La giornata è ottima e visto che non ho nessun compare con cui condividere gioie e dolori, mi lancio nella mia attività preferita, l’alpinismo esplorativo, ovvero la conquista di vette perlopiu conosciute. L’obbiettivo era doppio, Pontevecchio e forse se avanzava tempo la Cavaion ma come si Sa, in montagna l’imprevisto è a portata di mano, alcuni intoppi e alcune mie sottovalutazioni mi porteranno a fare il contrario. Arrivo tardi (per sonno) a Malga Mare complici anche alcuni lavori verso Cles e risalgo dal sentiero 123 con un ottima performance il sentiero in un 75’ contro i 120 previsti. Da li opto per tenere la destra del lago catturando una traccia non presente in molte relazioni anzichè tenere la sinistra scavalcando il lago dalla diga come hanno fatto i pochi che hanno relazionato il giro. La traccia devia ancora a destra lasciando il lago e salendo il vajo di un piccolo ruscello dove qualche ometto permette di raggiungere l’inizio di una desertica pietraia che fa da spallone alle due vette prefissate e dove terminano gli ometti. Perdo parecchio tempo ad arrampicare su passaggi veramente ostici ma mai violenti. Arrivo alla base dove vedo le due vette ma ho ancora un’altra pietraia ancora da affrontare e risalire fino alla sella di Cavaion che separa i due obbiettivi. Sosta ad una piccola stazione metereologica, unica traccia umana in quel deserto di pietra ed inizio a risalire il vallone ammirando sempre di piu la piramidale Pontevecchio con la sua bella croce di vetta. La Cavaion invece da sotto si delinea con difficolta avendo alcuni “denti” al suo fianco ma il palo di vetta non lascia dubbi.

Arrivo alla sella, ho perso tantissimo tempo e guardando la cresta nord della Pontevecchio, da cui secondo la guida dei Monti d’Italia dovrei risalire (si nota la traccia in alcuni punti), tutta spaccata, affilata e con passaggi di III+ almeno, provo per un po a risalire ma poi lascio, troppo pericoloso, contando che sono l’unico essere umano per km; opto per cercare di non tornare a mani vuote e mi butto sulla “dichiarata facile” Cavaion. Qualche nevaio semplice e parte la difficile cengia che porta al torrione col palo di vetta; alcune parti sono aeree e per conquistare il rocciome sommitale che sovrasta il palo di vetta l’arrampicata è delicata e supera il III, fortunatamente con me ho un po di cordino e azzardo. Una volta sopra la sorpresa, il pallo inganna, dal gps ma anche ad occhio la cima Cavaion è la prima dalla sella e non la terza. Calata, rientro e salita (II-) alla vera cima mi fanno perdere quasi 40 minuti. Pontevecchio da nord è impraticabile e da sud, dove ho una relazione è infattibile sia per tempo che per troppa friabilità della spalla sulla Val di Rabbi che porta all’asciutto lago Pontevecchio e risale la cresta. A malincuore scendo ma alla stazione meteorologica scelgo di spostarmi piu verso sud; errore madornale, se subito il percorso è piu morbido poi tutto precipita in pericolosissimi vaji franati o pareti strapiombanti, mi calo com cordino e casco su erti vajii franati e aerei passaggi fino al lago dove riprendo la traccia che costeggia il lago e rientro dall 123 fino a Malga Mare per la meritata birretta.

CIMA LINKE (13/08/2018)

CIMA LINKE (13/08/2018)
- Regione: Trentino Alto Adige, Trento
- Gruppo: Alpi Orientali, Ortles Cevedale
- Elevazione: 3635m slm
- Tipologia: Giro ad anello con conquista della cima 
- Itinerario: Da monte della funivia Pejo 3000 per sentiero e traccia fino a Cima Vioz e poi per traccia a Cima Linke, rientro per la stessa via fino al Bric e poi discesa 105 e 139 fino a Doss dei Gembri.
- Percorso: Sentiero segnato, traccia non sempre segnata
- Percorrenza: circa 7h con soste
- Dislivello: 1100m
- Difficoltà: EE
- Libro di vetta: No
- Croce di vetta: Si
- Flora e fauna intravisti degni di nota: Nulla
- Densità escursionistica: Folta da lunedi di Ferragosto
- Punti d'appoggio: Rifugio Mantova, Rif. Scoiattolo, Rifugio Doss dei Gembri  
- Note: Non banale escursione che tocca una cima a solo venti minuti dalla piu nota vetta del monte Vioz, molti escursionisti non raggiungono la cima ma sostano nella sottostante postazione bellica di origina austriaca per il controllo della teleferica.


Le Dolomiti sono colme di temporali e un po di “scuola ferrate” sul Cir con alcuni amici salta. Solo l’Ortles sembra darmi il suo cuore per questa stagione e il meteo infatti dice bene solo la. Con me ho Gerry (Campanili, Punta Penia e qualche altra ascensione invernale sul Baldo) e fidanzata e partiamo alla volta del (gia fatto Vioz). Per alleggerire la salita ai comunque non allenati fidanzatini saliamo con cabinovia da Pejo al primo troncone e poi prendiamo la funivia “Pejo 3000” che porta all’ex rifugio Mantova dove il Vioz si connette per cresta al Taviela. Li il sentiero precipita nelle vicinanza di un laghetto alpino perdendo quasi 300m di dislivello e dallo specchio d’acqua parte l’evidente e ben bollata traccia alpinistica (I/II-) che in un ora e mezza di pietraie ci porta al famoso Bric dove ci colleghiamo alla via normale in netto anticipo sulla tabella di marcia. L’obbiettivo era cima Vioz e discesa per la normale ma il super orario inizia a farci pensare alla vicina punta Linke. Arrivati al Mantova con il Gerry un po provato saliamo in dieci minuti alla vetta e dopo un quarto d’ora di riposo optiamo per la Linke, da me mai fatta (la volta precedente avevamo macinato parecchio ritardo). Scendendo per la cresta su traccia bollata si segue la via per quel che rimane della vedretta rossa seguendo i pali piantati. Il ghiacciaio ormai è alla fine e lo spessore è veramente minimo, quindi non c’è pericolo assoluto di crepacci. Alla fine del ghiacciaio inizia la punta rocciosa che fa risalire prima alla postazione austriaca presidiata la quale facciamo un istruttivo percorsino guidato e poi ci lanciamo per traccia di I grado alla vetta. Tempo per due foto e riscendiamo al rifugio Mantova dove pranziamo, usciti dal rifugio inizia una pioggia torrenziale che ci accompagna per quasi metà del sentiero di ritorno sulla via normale. Seggiovia al Doss dei Gembri e Cabinovia di nuovo a Pejo.