lunedì 25 dicembre 2017

CIMA ZUFALLSPITZE (14/08/2017)



CIMA ZUFALLSPITZE (14/08/2017)
- Regione: Trentino Alto Adige, Trento
- Gruppo: Alpi Orientali, Ortles Cevedale
- Elevazione: 3757
- Tipologia: Conquista della cima and back.
- Itinerario: da Malga Mare per sent.102 fino al rif.Larcher, poi 103 fino a passo Forcola e per traccia non segnata allo Zufallspitze con rientro a ritroso.
- Percorso: Sentiero segnata, traccia non segnata.
- Percorrenza: 13h 
- Dislivello: 1900
- Difficoltà: EE
- Libro di vetta: no
- Croce di vetta: si
- Flora e fauna intravisti degni di nota: Aquila reale
- Densità escursionistica: una trentina di persone.
- Punti d'appoggio: Rif.Larcher al Cevedale.
- Note: Imponente vetta (la quarta piu alta della regione) che si stacca dal fratello Cevedale. Percorso che richiede una preparazione atletica elevata e una discreta esperienza in ambiente severo. L'atleticità e richiesta non solo per i passaggi d'arrampicata o il dislivello ma proprio per lo sviluppo perennemente in salita per tutta l'andata.

Volevo portarmi a casa l'Ortles st'estate ma per una serie di cose, non si è fatto, quindi leggendo una relazione di questa cima, me ne sono innamorato subito. Arrivo a Cogolo di Pejo la sera prima dove assaporo una birra in paese e mi dirigo verso la remota malga Mare (occhio che il telefono prende solo al passo Forcola e in cima) dove passo una notte scomoda sotto un tetto di stelle che solo gli occhi possono raccontare. La mattina alle 6 arriva la prima macchina e decido di partire con un po d'anticipo sulla tabella di marcia dal parcheggio di Malga Mare. Attraversando mentre albeggia con vista Palon de la Mare, il Cevedale e la nostra meta, il bellissimo sentiero che tra cascate e ponticelli porta in circa due ore all'altrettanto bello e frequentato rifugio Larcher dove mi assaporo un the caldo. Da lì parte un sentiero tra pietraie e fastidiossime mosche zebra che porta al passo della Forcola a 3000m metri. La salita la sento tantissimo, piu che per la quota presumo per la notte insonne e per la traversata epica di 5 giorni nel vicentino da cui non mi sono del tutto ripreso. Dal passo della Forcola dove riesco a dare qualche notizia a casa, l'ambiente cambia completamente, la vedretta della Forcola e i ghiacciai del Cevedale e del Palon della Mare fanno da inferno dantesco di contorno al nostro sentiero che si sviluppa tutto in cresta. La traccia inizialmente è visibile e i tanti ometti sono dei toccasana visto che la montagna è un ammasso di ferree pietraie come tutto il massiccio dell'Ortles. A circa metà del crinale la traccia si perde e sia io che altri alpinisti ci troviamo dispersi in questo deserto di rocce con unica alternativa il pericoloso attraversamento della vedretta. Io e Marco, un ragazzo di Grosseto conosciuto sulle rocce, optiamo per una mezza via per un paio di camini di II e uno di III. Non siamo imbragati, parliamo di 4/5 metri, ovvio che dal farci male potremmo ruzzolare per decine di metri, ma entrambi sappiamo dove mettere le mani e superiamo l'ostacolo mentre tre tedeschi sfiorano la vedretta e altri tentando la cresta. Un tedesco poco equipaggiato fa dietrfront con le gambe insanguinate; siamo alla prima delle tre anticime, Marco molla, la fidanzata lo attende sola alla Forcola e abbiamo perso troppo tempo. Io dopo tutto il tempo e la fatica persa, nonostante la sfiancante ascesa accelero alternando delle buone pause; ancora passi d'arrampicata e poi un breve e sicuro passaggio su ghiacciaio prima di salire sull'ultima spalla. Arrivo finalmente alla stretta cima dove faccio due foto ed inizio a scendere visto che sono tra gli ultimi. La discesa è lunga e sul passaggio critico perdo un'ora cercando una via migliore verso la vedretta ma riducendomi al solito camino dove disarrampicare in aderenza con 40kg di zaino è na bella impresa dove rischio qualche vertebra. Alla Forcola dove non ne vedevo la fine arrivo al tramonto e al Larcher con luce frontale dove l'ottimo staff nonostante la cucina chiusa mi fa un ottimo spezzatino con zucchine che a quell'ora, in quel posto e in quelle condizioni erano come ostriche e champagne.

Scendo in un ora e mezza a tutta birra e con il buio pesto a Malga Mare in una giornata che difficilmente dimenticheró. 

giovedì 7 dicembre 2017

CIMA CORNO BATTISTI, TRAPPOLA DI VALLARSA, ROITE, PICCOLO ROITE, TESTO E SPIL (08/08/2017)

CIMA CORNO BATTISTI, TRAPPOLA DI VALLARSA, ROITE, PICCOLO ROITE, TESTO E SPIL  (08/08/2017)
- Regione: Veneto, Vicenza
- Gruppo: Piccole Dolomiti, Massiccio del Pasubio
- Elevazione: 2144m (Roite) 
- Tipologia: percorso ad anello con conquista delle cime.
- Itinerario: da loc. Tezze sent.122a fino a sella Trappola e per traccia segnata prima e assente poi fino ad omonima cima, rientro alla sella, proseguo su 122c fino a Corno Battisti, poi 102a e traccia fino a Monte Testo, 102b, 105, traccia spesso assente fino a Roite, 105b fino a Piccolo Roite e rientro per 105 fino a bocchetta Foxi, poi E122 e strada forestale fino a Valico Menderle, traccia in parte non segnata fino a Spil e rientro al valico dove imbocco il 123 e poi 122a fino a Tezze
- Percorso: sentiero segnata, traccia segnata solo in parte
- Percorrenza: circa 13h
- Dislivello: circa 2000
- Difficoltà: EEA
- Libro di vetta: no
- Croce di vetta: si (Trappola, Battisti e Roite)
- Flora e fauna intravisti degni di nota: camosci sul Trappola e Battisti
- Densità escursionistica: 5 persone
- Punti d'appoggio: rif. Lancia
- Note: Ciclopico giro per il completamento delle Piccole Dolomiti. Percorso vario dalla ferrata al sentiero all'assenza di traccia a passi d'arrampicata. 
Il Pasubio è un museo a cielo aperto e alcune cime, poco frequentate ne sono una testimonianza diretta.

L'idea era di fare il Corno Battisti in ferrata e se mai il monte Spil, letto su una relazione online. A Tezze, frazione di Vallarsa inizio a scarpinare per il faticoso come da premesse 122A in mezzo al bosco. La fatica è talmente fastidiosa che la uso come scusa per giustificare gia i primi cambi di obbiettivo; mi dico, sono qui, Non raggiungo la Trappola di Vallarsa? Via allora per traccia Del sentiero "Ezio Campana" in direzione Anghembeni e poi senza traccia nel bosco con il gps a cercare la sommità boscosa che sovrasta questa frazione della Vallarsa. Sulla sommità i resti di una trincea e una piccola croce fatta con dei grossi rami. Torno alla sella Trappola e nonostante (mannaggia al comune di Vallarsa che i cartelli non li mettono ad inizio sentiero) il percorso bloccato da plastica da cantiere per lavori di manutenzione della ferrata, decido di proseguire uguale e dove arrivo..arrivo. Mi attrezzo e percorro i primi camini, la ferrata non è mai complicata ma il kit è necessario, soprattutto la lampada frontale per superare alcune gallerie. Arrivo al Cappuccio  di Pulcinella, chiamato cosi per la caratteristica forma, una guglia erbosa con all'interno un interessantissima postazione di artiglieria a 360' scavata nella roccia, raggiungibile per traccia e scalinata attrezzata. Risalgo poi ancora, la traccia un po si perde ma il gps aiuta, supero "la bocca del Leone, una galleria di 500m prima in salita e poi in discesa dove l'umidità e il buio la fanno da padrone; qualche ultimo tratto ferrato e alla fine i lavori sull'ultima parte (aggirabili) che mi portano a selletta Battisti dove viro a destra per la sommità del corno dove è presente un'osservatorio militare e una piccola croce. Rientro alla selletta e mi dico, tentiamo il Monte Testo finche il meteo tiene anche se le nubi iniziano ad addensarsi, quando mi capita di tornarci fin qui per avvicinamento. Supero quindi la bocchetta del Foxi ma il dislivello comincia a sentirsi ed inizio a scarseggiare con l'acqua, prevista solo per poche ore d'escursione.
Arrivo su sentiero immerso in folta vegetazione alla Bocchetta del Testo e poi per traccia alla strapiombante sommità dell'omonimo monte. Rientro alla bocchetta e mi dico, ma si, facciamo il Roite, quindi mi inoltro verso bocchetta delle corde verso la parte piu centrale del massiccio. L'ambiente si fa roccioso, non trovo attacchi per il Roite sul 105 e quindi opto per risalire sul crinale da l'unica zona priva di mughi e noto dai resti bellici che quel percorso (arrampicata tra I e II grado) era frequentato un secolo fa. In cresta il Roite è uno spettacolo, una trincea continua e dei vecchissimi bolli rossi (da dove partiranno) aiutano la traccia. La salita è lunga ma elementare, sulla sommità una stupenda croce (la piu bella vista finora) fatta di resti bellici fusi tra loro. Scendo sul crinale dove l'esile traccia continua (ecco da dove si sale) e proseguo per il Piccolo Roite chiudendo la cerchia (la vetta successiva sarebbe il gia marcato Palon); il sentiero è elementare e giungo alla spoglia sommità del monte dove poi scendo per omonima sella riprendendo il percorso a ritroso con acqua finita fino a Bocchetta delle Corde, dove devio per il rif. Lancia dove mi scolo una birra media, una torta e un litro e mezzo d'acqua. Risalgo a bocchetta Foxi e devio per pascoli verso il valico di Menderle in fase di tramonto, arrivo al valico e mi trovo a sole quasi sceso, mi dico, scemo per scemo facciamo pure il monte Spil no? Devio quindi per evidente traccia a destra e all'altezza di un'abitazione rurale devio per prati e fievole traccia militare alla nuda e pratosa cima. Riscendo al valico col buio ma fortunatamente ho la pila frontale, affronto il pessimo 123 tutto su pericoloso ghiaione in un interminabile discesa arrivando alle 22:15 al parcheggio.

lunedì 27 novembre 2017

CIMA BELLA LAITA, CUARO, CIMON SOGLIO ROSSO, FORNI BASSI, FORNI ALTI, OSSERVATORIO (29/07/2017)


CIMA BELLA LAITA, CUARO, CIMON SOGLIO ROSSO, FORNI BASSI, FORNI ALTI, OSSERVATORIO (29/07/2017)
- Regione: Veneto, Vicenza
- Gruppo: Piccole Dolomiti, massiccio del Pasubio
- Elevazione: 2040m slm (cimon Soglio Rosso
- Tipologia: percorso ad anello con conquista delle cime.
- Itinerario: da Bocchetta Campiglia s'imbocca il sentiero per la Ferrata Falcipieri con esile traccia fino all'attacco, poi si segueno ad alternarsi i sentieri 366 e 367 fino al rifugio Papa e poi per 370 fino a Bocchetta Campiglia 
- Percorso: Sentiero segnato
- Percorrenza: 8h
- Dislivello: 1300m
- Difficoltà: EEA
- Libro di vetta: no
- Croce di vetta: si (Forni Bassi e Forni Alti
- Flora e fauna intravisti degni di nota: No
- Densità escursionistica: sulla ferrata 7 persone, sulle gallerie e gli Scarubbi centinaia di persone.
- Punti d'appoggio: Rifugio Papa
- Note: Lunga ferrata che attraversa dall'alto in cresta tutta la strada delle 52 gallerie, occorre ottimo allenamento, passo fermo (alcuni tratti non attrezzati sono molto esposti) e assenza di vertigini.

Parto verso le 9:00 da Bocchetta Campiglia tra miriadi di merenderos in direzione 52 gallerie ma li schivo subito attaccando il sentiero a destra nel bosco dove sono presenti sia i segnavia che i cartelli del sentiero attrezzato. La traccia nel bosco tende a perdersi e dopo un po mi trovo sperso nel bosco ma  con il gps riesco a risalire faticosamente sul sentiero al primo tratto attrezzato dove mi equipaggio. Me la prendo con la dovuta calma (passa il solito trail in tutta furia e senza protezioni che manco saluta) e inizio ad affrontare i primi camini attrezzati tra cui il celebre scalone di 40m su parete verticale (nulla di che senza vertigini, ci sono parti non attrezzate in seguito molto piu frizzanti). La prima parte di salita, che avviene quasi tutta in cresta, è molto faticosa e le nubi in cui sono immerso non aiutano. Arrivo a Cina Bella Laita dopo piu di due ore e poco dopo a cima Cuaro. Si prosegue sempre sul crinale con sotto le voci dei merenderos, ignari di esser "osservati" dall'alto fino a cima Forni Bassi (una vetta assestante non segnata sui piu gps, Kompass e non inserita nella ferrata, ma che uno dei gestori del rifugio ha detto chiamarsi così, noterete che è l'unica cima senza cartello di sommità della ferrata) dove si erge un caratteristica croce di legno e dove si scende in un tratto leggermente franato (pure un fittone della ferrata è saltato al momento della relazione, ma nulla di indispensabile). Sali e scendi si arriva alla vetta piu conosciuta delle sei, La Forni Alti, dove pranzo e mi riposo un po dallo sfiancante percorso. Raggiungo infine dopo un paio di agganci alla strada delle gallerie,  con un esile traccia (le due cime successive non le concludono in molti pare) Cimon del Soglio Rosso (massima elevazione) e poco dopo Cima dell'Osservatorio con postazione bellica sulla sommità. Scendo poi per traccia su sfasciumi fino al rifugio Papa immerso in una foschia bianchissima dove mi gusto una birra e una crostata. Rientro per la noiosa strada degli Scarubbi in 2 orette con tappa per recupero formaggi a malga Campiglia.

sabato 18 novembre 2017

CIMA TRE CROCI, TERRAZZO E MESOLE (22/07/2017)


CIMA TRE CROCI, TERRAZZO E MESOLE  (22/07/2017)
- Regione: Veneto, Vicenza
- Gruppo: Piccole Dolomiti, Gruppo Tre Croci
- Elevazione: 1939m slm (Tre Croci)
- Tipologia: conquista delle cime con rientro alternativo. 
- Itinerario: dal Rif. Bertagnoli sent.207, poi a destra 202 e per traccia al Mesola, rientro fino all'inters.207 e proseguo dritto per 202 fino all'inters. col 282 e per traccia al Terrazzo, rientro e fino al passo Zevola e sotto il Tre Croci per 202, per traccia fino alla cima e poi sempre per traccia allo Zevola scendendo all'omonimo passo dove rientro fino a passo Scagina, da li per 221 fino al rifugio. 
- Percorso: Sentiero segnato e traccia non sempre segnata.
- Percorrenza: 7,5h
- Dislivello: circa 1000
- Difficoltà: EE
- Libro di vetta: no
- Croce di vetta: no
- Flora e fauna intravisti degni di nota: Nessuno
- Densità escursionistica: c'era una maratona trail lungo quasi tutto il sentiero, devo aggiungere altro?
- Punti d'appoggio: Rif. Bepi Bertagnoli, Malga Fraselle di Sotto.
- Note: Avanti col meteo incerto che sta letteralmente rovinando tutti i miei propositi alpinistici estivi e avanti col completamento delle Piccole Dolomiti. Andiamo oggi a tappare alcuni lassi rimasti indietro in altre escursioni. 

L'idea di oggi era di chiudere il cerchio nel ad est con Mesole e la Bella Lasta. Sul web ce poco o nulla sulla seconda, se non qualche accenno su vie alpinistiche su roccia pessima, il Mesole, anche lui con una nord alpinistica, ha invece una docile est senza traccia. Io per non saper ne leggere ne scrivere mi porto dietro tutta l'attrezzatura anche per eventuali doppie.
Parto dal parcheggio del Bertagnoli per faticoso sentiero boschivo dove incrocio qualche escursionista. Arrivato al passo del Mesole inizio ad incrociare qualche trailrunner (non salutateli che devono risparmiare fiato) inconsapevole dell'ultrarail in corso. Circondo tutta la pratosità verticale del Mesole e con quando giungo con vista sul conosciuto Monte Campetto, risalgo per prati in venti minuti la dolce cresta est raggiungendo la sommità dove ci sono dei presumibili resti di una croce. Dall'alto guardo sconsolato la Bella Lasta, una fortezza da nord, da est e da Sud, spero nell'ovest ma credo che avremmo un altro inciampo dopo il monte Laghetto.
Riscendo fino al passo del Mesole incrociando miriadi di runner di cui noto finalmente la pettorina, la Ultra Rail d'Havoc, 80km da Piovene a Valdagno passando per il Carega, pazzissimmi!
 Niente, neanche ad ovest la Bella Lasta mi da spiragli. Mi guardo in giro, vedo la bella giornata e mi dico… Perché non chiudere definitivamente tutto il sottogruppo? Mi rimangono Monte Terrazzo e cima Tre Croci (evitata quest'inverno per scarso interesse e traccia coperta da neve). Inizio la scarpinata, arrivando dopo chilometri alle falde del monte Terrazzo che risalgo per traccia semi sparita; la traccia sparisce del tutto e grazie al gps raggiungo la sommità dove sono presenti alcuni mughi. Ritorno per la stessa via in direzione passo Zevola Dove è presente una postazione del soccorso alpino per la maratona , passo che supero cercando l'aggancio all'ormai visibile ultima cima di oggi. Arrivo quasi al passo della Lora (un paio di curve prima) e si nota un sasso con un bollo rosso, Da lì a poco più avanti un altro sasso con bollo rosso e cosi via; la traccia è quasi completamente coperto dalla vegetazione, da quello che so non sali più nessuno da parecchio tempo se non di inverno per sci-alpinismo. I mughi hanno completamente inghiottito il sentiero che in alcuni casi si fa veramente ripido e in altri casi mi devo praticamente abbassare camminando e strisciando a gattoni per poter superare i mughi. Riesco a fatica a superare la vegetazione e mi aspetta l'ultimo tratto ripido prima di arrivare in cresta dove successivamente in pochi minuti raggiungo il palo di sommità e l'ometto con disegnate in rosso le tre croci. I bolli rossi sono un vero toccasana per arrivare in cima, se si dovesse seguire solamente la traccia sarebbe praticamente impossibile arrivarci .Seppur non arriva a 2000 m la vista da questa posizione è veramente spaziale, devo ammettere di aver sottovalutato quest'inverno questa elevazione molto bella. Scendo al passo dello Zevola collegandomi al Monte Zevola stesso e poi faccio il sentiero tutto a ritroso arrivando al passo della Scagina (ovviamente Osservo con amarezza la traccia che porta al Monte Laghetto); da li decido di seguire il ripidissimo e noioso 221, Ultima parte con qualche tratto attrezzato non complicato e infine a rifugio per una bella birra.

martedì 31 ottobre 2017

CIMA LASTEI E COL NUDO (19/07/2017)


CIMA LASTEI E COL NUDO  19/07/2017)
- Regione: Veneto, Belluno
- Gruppo: Prealpi Venete, Gruppo Col Nudo Cavallo
- Elevazione: 2471m slm
- Tipologia: conquista delle cime e ritorno
- Itinerario: da curva strada Stabali per sent.965 AV6 fino a c.da Scalet Alta seguendo fino a passo Valbona e poi per traccia fino alle cime con rientro a ritroso.
- Percorso: Sentiero e traccia segnata
- Percorrenza: circa 7h
- Dislivello: 1500m
- Difficoltà: EE
- Libro di vetta: si (Col Nudo)
- Croce di vetta: si (Col Nudo)
- Flora e fauna intravisti degni di nota: stambecchi
- Densità escursionistica: tre persone
- Punti d'appoggio: Nessuno 
- Note: Era in cantiere da parecchio ma è sempre stata rimandata per tre motivi, ovvero lontananza, dislivello e una tremenda cresta senza protezioni che porta alla vetta del Col Nudo, ma bisognava farla, parliamo della cima più alta delle Prealpi Venete.

Ormai per quest'estate mi sono rassegnato, sarà il mal tempo a decidere dove andare di volta in volta; l'Alpago È l'unica area dove non sono previste piogge e quindi decido di partire di buon ora per raggiungere in più di tre ore Chies d'Alpago, superando San Martino e per strada sterrata Stabali arrivando all'area pic-nic degli Alpini locali dove parcheggio e inizio a risalire il 965 in mezzo al bosco; incrocio con escursionista locale che sta scendendo dal passo di Valbona e mi dà qualche dritta. Nel bosco come promesso ci sono un paio di tratti scivolosi su roccia che richiedono l'utilizzo delle mani, supero contrada Scalet Bassa (Dove è presente anche una sorgente) e Prato il bosco inizio a risalire a prati fino ad arrivare a Scalet Alta Dove il sentiero inizia a farsi più alpestre. Aggiro la sommitw del Col Piero, una guglia erbosa non molto alta ma molto verticale, il fondo erboso e la solita sarebbe fattibile ma so che quello che mi aspetta è molto faticoso quindi decido di rimandare eventualmente al ritorno. Il sentiero prosegue ben segnato per pietraie e arrivo al passo di Valbona in 3h dove è presente un escursionista che sta attendendo il compare salito una mezz'ora prima sul nostro obiettivo. Lui non se la sente, ora è tutto coperto da una coltre di nubi bianche ma mi assicura che la famosa cresta da sotto non è assolutamente invitante. Lo invito a salire con me ma lui non se la sente e quindi inizio la salita per traccia in direzione di cima Lastei. L'ascesa ovviamente e faticosa ma riesco comunque ad arrivare in tempi discreti e immerso sempre deve nubi alla sommità nuda di Cima Lastei incrociando anche l'altro escursionista che mi dà qualche dritta per rassicurandomi che non è nulla di impossibile quello che mi aspetta dandomi qualche dritta tecnica. L'ambiente cambia completamente e dei prati a cui era abituato inizia un vero ambiente lunare dove inizio a scorgere tra la foschia la cresta che divide Lastei da Col Nudo. Per arrivarci devo superare in discesa un cammino di terzo grado che riesco con la tre passi in aderenza a superare. Finalmente la famosa cresta, Che dire, effettivamente è bella affilata ma di sicuro e ben distante da lame come è la cresta del leone sul Cervino; alcuni la fanno a cavalcioni, io riesco a superarla in piedi grazie ai bastoncini telescopici. Ora ce un punto chiave, la traccia su pietraie e poco visibile se non fosse per i bolli sat, il percorso ora intuitivamente sembrerebbe dritto ma porta a salti enormi nel vuoto, l'escursionista salito mi aveva avvertito, infatti subito dopo la crestina è poco visibile un tornante secco ad S che fa perdere quota di pochi metri per poi riprendere ovviamente il sentiero in direzione della cima, fate attenzione perchè non è assolutamente intuibile. Arrivo alla base dell'ultima salita e con passaggi di primo arrivo alla piccola cima del Col Nudo dove è presente il vecchio grosso ometto e una nuova croce di vetta con libro. Riprendo fiato e le nuvole un po si sfaldano lasciando spazi a panorami sulle dolomiti bellunesi. Rimmarei in cima per ore pur di non riaffrontare il tratto che invece supero senza difficoltà e a ritroso vado verso Valbona. Inizia a tuonare, arrivo al Col Piero (che sono sfiancato e non risalgo visto anche il meteo) e tuona brutto, superato Scalet Alto inizia a grandinare secco e poi a piovere. Arrivo all'auto zuppo fradicio e con un paio di scivoloni alle spalle. 
Come conclusioni finali che dire, ovviamente la cosa è soggettiva ma a me sinceramente la crestina, forse un po' troppo pompata, ha impressionato relativamente.


sabato 21 ottobre 2017

CIMA MARANA, CAMPETTO, CENGIA BIANCA (14/07/2017)


CIMA MARANA, CAMPETTO, CENGIA BIANCA  (14/07/2017)
- Regione: Veneto, Vicenza
- Gruppo: Piccooe Dolomiti, Gruppo Tre Croci, sottogruppo Alto Chiampo.
- Elevazione: 1662m slm (Campetto)
- Tipologia: conquista delle cime e ritorno ad anello
- Itinerario: da Castagna sent.202 e rientro per il 203
- Percorso: Sentiero segnato e traccia non sempre segnata
- Percorrenza: 5h
- Dislivello: 850m
- Difficoltà: E
- Libro di vetta: no
- Croce di vetta: si (solo Marana)
- Flora e fauna intravisti degni di nota: Nulla
- Densità escursionistica: nessuno
- Punti d'appoggio: Rif. monte Falcone (solo invernale)
- Note: prosegue l'opera di completamento delle Piccole Dolomiti e decido di affrontare questo sottogruppo hai più sconosciuto. La vetta più conosciuta è Marana ma la piu alta e frequentata (per lo sci) è Campetto.


Parto con tempo incerto e aria frizzante da località Castagna dopo Chiampo. Risalgo il faticoso dorso di Cima Marana rifocillandomi con un po di fragoline di bosco e arrivo alla croce di Cima Marana in un ora. Proseguo in direzione nord e incrocio un bel punto panoramico mentre poco dopo mi si apre la pratosa area sotto il semisconosciuto Cengia Bianca che risalgo arrampicando in dieci minuti tra massi ed erba, dalla sommità dove è presente un misero ometto. Gia aperta la vista sul monte Falcone (Che altri non è che l'anticima del Campetto) ma inizia a far brutto tempo, quindi accelero e arrivo per strada battuta superando una malga abbandonata al rifugio, (chiuso per fine stagione) dove è presente anche l'impianto di risalita per gli sci che parte da Pizzegoro. Per traccia poco segnata e risalgo anche l'ultima cima di oggi, ovvero il monte campetto dove trovo un ometto di sassi. Scendo e decido di riposarmi un po' al rifugio ma la pioggia inizia a scendere, così decido di accorciare per il più ripido 203 che in circa due ore mi riporta al parcheggio, il bosco un po' mi salva dall'acqua ma arrivo comunque zuppo all'auto.

sabato 14 ottobre 2017

CIMA FORMICA, LOBBIA, GRAMOLON, PORTO, SCALETTE E TELEGRAFO (03/07/2017)



CIMA FORMICA, LOBBIA, GRAMOLON, PORTO, SCALETTE E TELEGRAFO  (03/07/2017)
- Regione: Veneto, Vicenza
- Gruppo: Piccole Dolomiti, Gruppo Tre Croci, sottogruppo Lobbia
- Elevazione: 1814m slm (Gramolon)
- Tipologia: percorso ad anello con conquista delle cime
- Itinerario: da Pagani per traccia e poi sent.205 toccando Formica e Lobbia e poi dal passo Scagina per 202 fino a Passo Ristele, 211 fino a Gramolon e ritroso fino a Lobbia dove per traccia tocco Scalette, Porto e Telegrafo fino al parcheggio.
- Percorso: sentiero e Traccia non sempre segnata
- Percorrenza: circa 9h
- Dislivello: tra sali e scendi circa 900m
- Difficoltà: EE
- Libro di vetta: si (solo Gramolon)
- Croce di vetta: si (Gramolon e Lobbia
- Flora e fauna intravisti degni di nota: Vipere, camosci.
- Densità escursionistica: tre persone
- Punti d'appoggio: Rifugio Bertagnoli

- Note: Continua l'opera di completamento delle Piccole Dolomiti approfittando del meteo perennemente incerto in questa estate. Opto quindi per le cime della Lobbia. Supero l'abitato di Campofontana e superato il campo da Pallavolo parcheggio vicino alla località Pagani sotto un albero. Risalgo il paesotto e all'altezza di una fontanella cerco invano la traccia che dovrebbe portarmi per pascoli alla prima vetta, il Monte Formica. Risalgo i campi con la curiosità delle mucche vicine e trovo finalmente un po di traccia e qualche vecchio segno sat. Arrivo alla base del Formica su sentiero ormai evidente ma nom esiste salita per questo monte, quindi inizio ad arrampicare sul dorso erboso e in 5 minuti ne domino la spoglia sommità. Scendo dopo la foto di rito (incrociando anche una piccola serpe) in direzione dell'abbandonata ma caratteristica malga Porto di Sopra fiancheggiando la Madonna delle Scalette evitando appositamente Scalette e Porto per anellizzarli al ritorno, arrivo per sentiero alla croce di Cima Lobbia. Scendo per il passo del Laghetto per sentiero in mezzo al bosco. Arrivo al passo Scagina e chiedo consiglio ad un escursionista locale trovato lungo la strada per raggiungere l'elevazione del Monte Laghetto, sì, tra gli obiettivi è rimasto incompiuto questo monte, ora vi spiego il perché. Dal passo girando a destra si trova una croce nera dedicata ad un partigiano caduto in quelle terre e si nota una traccia abbastanza evidente ma perlopiù divorata da mughi. La seguo ma a colpi si perde, qui la gente nom cammina da anni, forse decenni. Sono in pantaloncini e scarpe da trail, la frase viene completamente inghiottita dalla vegetazione e a soli 50m dalla vetta devo abbandonare. Mughi intricati e almeno tre vipere soffianti, tanto che sono quattro ore dalla macchina in caso venissi morso mi fanno desistere e rientrare alla Scagina un po abbattuto. Tra me e me rimando il Laghetto a quest'inverno anche se è sempre una palla dover rifare un avvicinamento cosi lungo per un monte che non hai conquistato per 50m. Di fronte a me spicca lo Zevola (gia fatto) e il Gramolon, che sapevo avere solo una complicata ferrata per accedervi ma, invece noto dal Gps che ce pure una via normale e decido di rifarmi della recente sconfitta. Risalgo il sentiero fino a passo Ristele e poi a destra per sentiero sempre piu ripido e faticoso fino alla cima del Gramolon con la sua verticale parete nord. Scendo fino alla Scagina e mi dirigo verso la Lobbia scegliendo il sentiero di Cresta, un vero inferno di ortiche con il percorso tutto invaso dalle stesse. Tento di disarrampicare per il bosco ma i tratti sono quasi verticali e mi trovo in un paio di brutti passi dove potevo seriamente farmi male. Risalgo sul sentiero orticandomi ma arrivando finalmente a Cima Lobbia. Ora seguo la traccia verso est che costeggia il dirupo sulla val Chiampo e tocco le sommità spoglie di cima Scalette prima e cima Porto dopo per poi per traccia scendere e risalire a cima Telegrafo di Lobbia dove è presente un palo sulla piccola vetta. Riscendo (dove spezzo uno dei miei amati bastoncini telescopici) e per prati raggiungo il parcheggio.

lunedì 25 settembre 2017

CIMA PUNTA PENIA (19/06/2017)


CIMA PUNTA PENIA  (19/06/2017)
- Regione: Trentino alto adige, Trento 
- Gruppo: Alpi Orientali, Gruppo Marmolada
- Elevazione: 3343m slm
- Tipologia: conquista della cima e ritorno.
- Itinerario: da monte della bidonvia di Pian dei Fiacconi per traccia su ghiacciaio, sentiero attrezzato e nuovamente traccia fino in vetta e percorso a ritroso 
- Percorso: Sentiero segnato, traccia su ghiacciaio
- Percorrenza: circa 5h
- Dislivello: 750m
- Difficoltà: AG EEA
- Libro di vetta: no
- Croce di vetta: si
- Flora e fauna intravisti degni di nota: Gracchi alpini in vetta
- Densità escursionistica: una dozzina buona di alpinisti
- Punti d'appoggio: Rifugio Pian dei Fiacconi e Rifugio Punta Penia
- Note: Classica alpinistica sulla cima piu alta del Veneto e delle Dolomiti, ghiacciaio crepacciato e ben coperto ad inizio stagione.

Dopo il corso d'arrampicata con Vito e Marco (colleghi) ci eravamo ripromessi con la nostra guida Michele di fare almeno un uscita su ghiacciaio e anche se inizialmente volevamo andare in zona Ortles, Michele ci fa capire che almeno per gli altri era meglio qualcosa di piu morbido e inoltre conosceva meglio la Marmolada. Con il pacco di Marco recuperiamo Gerry, altro collega con un paio di escursioni alle spalle, partenza alle 5:00 da Verona Nord e arrivo alla bidonvia di passo Fedaia alle 8:00 dove parcheggiamo, ci attrezziamo e saliamo per l'impianto di risalita fino a Pian dei Fiacconi dove dopo dieci minuti di salita su roccia e un po di lezione di Michele ci imbrachiamo e iniziamo la salita in conserva sul leggendario ghiacciaio seguendo la visibile traccia dove superiamo un paio di cordate e in meno di due ore arriviamo ad attacco della ferrata. Sulla parte attrezzata rimaniamo in conserva e utilizziamo comunque le longe; il percorso è molto divertente e quasi mai esplicitamente esposto, ogni tanto è naturale voltarsi e guardare il ghiacciaio in tutta la sua bellezza. Arriviamo alla "schiena del mulo", l'ultima parte dove si sale in camminata per circa 15 minuti fino alla croce di vetta e alla limitrofa capanna. La soddisfazione è tanta, soprattutto per Gerry e Vito ai loro primi 3000 ma anche per il sottoscritto alla sua prima esperienza sul ghiacciaio. Merenda e foto e poi Michele incita per la discesa, teme lo scioglimento del ghiaccio e le eventuali cadute adesso connesse. Ora sono in testa con Michele in coda, la caduta arriva, fortunatamente non in una crepaccio ma scivolando su vetrato (Potete trovare il video sulla tendina alla vostra destra nella sezione video) e uscendone con un'ottima presa da parte di tutta la cordata. La neve inizia a mollare e i crampi ai neofiti ad arrivare. In un paio d'ore siamo al rifugio ma a Gerry, sfinito come Vito, manca un rampone e quindi io e Michele risaliamo nuovamente il ghiacciaio dove troviamo l'arnese ad 1/3 del ghiacciaio. Riscesi ci godiamo una birra e un bel primo al rifugio per poi riscendere in bidonvia fino al parcheggio. 

lunedì 18 settembre 2017

CIMA SOGLIO DELL'INCUDINE (13/06/2017)


CIMA SOGLIO DELL'INCUDINE (13/06/2017)
- Regione: Veneto, Vicenza
- Gruppo: Piccole Dolomiti, massiccio del Pasubio.
- Elevazione: 2114m slm
- Tipologia: conquista della cima and back 
- Itinerario: da Pian delle Fugazze per sent.179, poi 398 e infine per traccia, ritorno a ritroso.
- Percorso: Sentiero segnato, traccia non sempre segnata
- Percorrenza: circa 5h
- Dislivello: 950m
- Difficoltà: EE
- Libro di vetta: no
- Croce di vetta: si
- Flora e fauna intravisti degni di nota: Nulla
- Densità escursionistica: un'escursionista sul sentiero
- Punti d'appoggio: Bar al Pian delle Fugazze.
- Note: Vetta poco conosciuta che avevo tralasciato quando feci cima Palon in quanto ero in compagnia gia stanca per l'ascesa. 

Ho solo mezza giornata e il meteo da discreto tempo solo sulle Piccole Dolomiti, io le devo completare e quindi via. Arrivo a Pian delle Fugazze da Vallarsa alle 13:00 con un caldo infernale; inizio quindi a risalire il faticoso 179 nel bosco fino ad arrivare al colletto di Basso Fieno dove tengo la destra fino ad Alto Fieno  dove inizio a risalire in cresta su sentiero roccioso misto bosco classificato EE. Il 398 è pieno di tornanti e mi porta alla galleria d'Havoc dove trovo la cengia franata nei pressi della Madonnina del Pasubio ma che aggiro facilmente con qualche passo d'arrampicata di II. Poco dopo parte la traccia battuta ma poco segnata con tornante secco a sinistra che in 5 minuti mi porta alla vetta strapiombante del Soglio da dove si gode una vista ecceziomale su Carega, Fumante e Sengio Alto e con alle spalle Cima Palon e i due denti. Foto di rito e anche se ho il piccolo Roite (mai fatto) e Palon ad un tiro di schioppo opto per la discesa visto che la mezza giornata a disposizione stava terminando ed ero poco accessoriato per l'imbrunire. Come al solito la discesa non è faticosa ma psicologicamente infinita e arrivo al parcheggio col sole in fase di tramonto. 

mercoledì 6 settembre 2017

CIMA DI CECE (09/06/2017)


CIMA DI CECE  (09/06/2017)
- Regione: Trentino alto Adige, Trento
- Gruppo: Alpi Retiche, Gruppo Cima d'Asta e Lagorai
- Elevazione: 2754m slm
- Tipologia: Conquista della vetta and back
- Itinerario: da malga Valmaggiore fino al Bivacco Paolo e Nicola per sent.335, poi 349 fino a forcella di Cece, per traccia alla vetta e percorso a ritroso
- Percorso: Sentiero e traccia segnata
- Percorrenza: 7h
- Dislivello: 1250m
- Difficoltà: EE
- Libro di vetta: Si
- Croce di vetta: si
- Flora e fauna intravisti degni di nota: Nulla
- Densità escursionistica: 5/6 escursionisti
- Punti d'appoggio: Malga Valmaggiore, Bivacco Paolo e Nicola
- Note: Percorso interessante Sia dal punto di vista paesaggistico che da quello storico, il Lagorai è ricco di resti e postazioni belliche oltre ad essere un gruppo poco frequentato e quindi abbastanza selvaggio, questa cima ne rappresenta la massima sommità.

Non sono in formissima ma decido ugualmente di andare per il meteo buono e da Predazzo seguo le indicazioni per Valmaggiore dove parcheggio nei pressi della Malga omonima. Al segnavia risalgo il torrente nel boschetto fino all'arrivo nell'immensa valle dove un tortuoso sentiero tra rocce ed erba mi porta in circa due ore alla forcella Valmaggiore con omonima cima a destra e il bivacco di fronte con molti resti bellici raccolti tra cui qualche resto umano. Tempo per due chiacchiere con un ragazzo che ha tentato la Traslagorai ma si è trovato impantanato in mezzo metro e più di neve per quasi tutto il sentiero perdendo parecchio tempo e non arrivando in tempo all'appuntamento con i suoi amici alla fine del sentiero. La cosa mi preoccupa visto che per una minima parte devo fare anche io quel sentiero e nonostante abbia i ramponi la neve a sua detta è molto morbida e sprofondosa. Risalgo il 349 e due ragazzi che scendono dal nostro obiettivo mi rassicurano dicendo che di neve fino alla forcella ce n'è molto poca; il sentiero ora inizia a farsi lunare e ricco di pietre ferruginose. Spuntano i denti di Cece, il Palon e la nostra meta, il paesaggio è spettrale da tanto sono aguzzi le guglie mescolate alla neve e al pietrume che circonda l'area. Il Dente (in realtà sono tre ma solo quello più grande è considerato una guglia) so che ha un paio di vie alpinistiche da IV a VI e quindi lo scarto anche se è veramente un capolavoro di roccia, vento e acqua. Il Palon, che da relazioni (solo 2) sembrava frequentato solo da fantasmi, infatti si relazionava che sopra sono presenti segni bellici talmente benmessi che si presumeva fossero salite si e no 5 persone dalla fine della Grande Guerra, invece svetta una bella croce di vetta che fa presumere che qualcuno ci vada anche se confermo non esserci sentieri ufficiali se non i resti delle tracce militari e che, almeno dal lato del 349 la parete è impraticabile. Punto alla cima di Cece che ancora non se vede l'estremità e nelle vicinanze della forcella trovo un bel canalone di neve dove arrampico con qualche difficoltà arrivando al bivio con la Traslagorai. La traccia che porta in cima effettivamente è abbastanza sgombra ma il tentare un giro ad anello per cercare di catturare qualche altra vetta è veramente impossibile come raccontava il ragazzo alla bivacco a causa della neve. Risalgo la traccia e decido di abbandonarla per seguirne una militare con qualche ometto qua e la, qualche passaggio di secondo grado e inizio a vedere la lontana croce che raggiungo in circa 15 minuti. Panorama fantastico anche se leggermente annuvolato, tempo per la firma su il libro e qualche foto, un pranzetto veloce e inizio la discesa. Alla forcella tento qualche decina di metri sulla neve ma vedo che si rischia di scendere a valle assieme ad una valanga. Torno indietro e scendo a fatica quel famoso passaggio cosparso di neve, poi mi dirigo al bivacco e infine all'interminabile vallata che mi porta fino al parcheggio.