lunedì 26 settembre 2016

CIMA CALDIERA E ORTIGARA (13/08/16)



CIMA CALDIERA E ORTIGARA (13/08/16)

Regione: Veneto, Vicenza
Gruppo: Prealpi, Prealpi Venete, gruppo Altipiani
Elevazione: 2124m slm(Caldiera), 2105m slm (Ortigara)
Tipologia: percorso ad Anello con conquista delle due cime.
Itinerario: Da Malga Fossetta a Cima Caldiera, poi Ortigara, Piazzale Lozze e Malga Fossetta
Percorso: Sentiero segnato
Percorrenza: 5,5h senza pause
Dislivello: 770m (1540 totale)
Difficoltà: EM
Libro di vetta: si (Caldiera, firmato), No (Ortigara)
Croce di vetta: si (sull'Ortigara Cippo di vetta)
Flora e fauna intravisti degni di nota:   Due stelle alpine.
Densità escursionistica: Media
Punti d'appoggio: Bivacco Ortigara, Rifugio Cecchin (Baita Alpini)
Note: Percorso non complesso, piacevole ma che necessità di un discreto allenamento soorattutto sul percorso di rientro; consigliata torcia per superare una postazione austriaca posta in una grotta per arrivare sull'Ortigara.

L'obbiettivo dopo aver visto troppa neve sul Piz Boè e avere sulle gambe in dieci giorni Cima d'Asta e il Vioz aggiunti ad una distorsione alla caviglia, era di andarci piano, ma non troppo, quindi spostarsi sull'Altipiano dei sette comuni nel vicentino e prendere la vetta piu alta, il Dodici, e vista la brevità del percorso valutare anche le tristemente celebri cime vicine; ma purtroppo non sarà così. Di sabato pre-ferragosto, anche una landa decantata come desolata come quella degli altipiani vicentini, non è una gran scelta; due ore di coda ad andare e mezzora a tornare, contando che da Gallio alle zone dei sentieri ce una strada sterrata tortuosa e lunghissima.
Arrivo a Gallio (Vi), seguo per Campomulo/Centro Fondo di Gallio e successivamente cerco i parcheggi per cima Dodici, chiedo al contadino di una malga che mi manda dalla parte opposta, ovvero Malga Fossetta, parcheggio vicino alla Cappella commemorativa ed inizio il sentiero che mi porta alla Porta Incudine, l'estremo est dell'altipiano, imbocco il sentiero 842 capendo di essere lontanissimo dal Dodici e opto senza rimpianti di fare due cime che avevo comunque in cantiere, Caldiera e Ortigara. La prima è il monte Thor (altro nome della Caldiera), segue il sentiero segnato di biancorosso e di giallo fino ad un piccolo cimitero militare italiano, da li parte l'ascesa in bivio con l'841 e si sale affiancando l'osservatorio "Torino", realizzato dall'esercito italiano durante il conflitto del 15/18, posizione che regala panorami mozzafiato sulla Valsugana. Da li a poco si sale sulla cima sempre seguendo il sentiero segnato e si arriva alla croce di vetta dove pranzo al sacco e firmo il libro. Dalla Caldiera si scende fino al Pozzo della Scala, dove compaiono numerosi trincee e costruzioni belliche; si prosegue verso il frontale Monte Ortigara risalendone la parte ovest, il sentiero risulta sempre segnato ma bisogna fare attenzione alle trincee comperte dalla vegetazione (io ovviamente ci sono mezzo finito dentro) arrivando al passo dell'Agnella; L'ascesa al Ortigara è piuttosto ripida ed infatti ci sono scaloni e corde metalliche che aiutano ad arrivare fino ad una grotta artificiale di matrice austriaca con feritoie per mitragliatori, dove è necessaria attenzione a causa dell'umidità e soprattutto una torcia per poterla superare serenamente. Si giunge sempre circondati da trincee al cippo austriaco e da li a poco a quello italiano (colonna mozza) che segna la sommità dell'Ortigara. Dopo una breve pausa al monumento, circondato da resti bellici e corone commemorative, si scende per il sentiero tricolore fino al Baito Ortigara, tenendo la destra si arriva fino alla chiesetta Lozze, al rifugio Cecchin e dopo 25 minuti circa a piazzale Lozze; da lì si prosegue verso sud-est su una strada asfaltata per circa tre chilometri in discesa, ad un certo punto sulla nostra sinistra troviamo una depressione erbosa (riconoscibile da un palo piantato in mezzo alla valle vicino alla strada) con una mulattiera sterrata a zig zag che porta a collegarci al bivio 845 e che poi ci farà risalire dopo circa una mezz'oretta di sentiero prima e rotabile poi a malga Fossetta. Non avendo calcolato il percorso mi sono arrangiato con la bussola ma a parte il tratto che da piazzale Lozze arriva all'845 il sentiero risulta tutto bene segnato.

mercoledì 21 settembre 2016

CIMA VIOZ (08/08/16)


CIMA VIOZ (08/08/16)

Regione: Trentino Alto Adige Trento
Gruppo: Alpi Orientali - Alpi Retiche - Gruppo Ortles Cevedale
Elevazione: 3645m slm
Tipologia: Conquista della cima e ritorno 
Itinerario: Dalla cabinovia Pejo fino al Rifugio Doss Gembri con il 138, poi 105 fino al Rifugio Mantova e cima, ritorno a ritroso ma con seggiovia da Doss Gembri alla cabinovia. 
Percorso: Sentiero segnato
Percorrenza: 7,5h senza soste
Dislivello: 1600 (2600 totale)
Difficoltà: EED
Libro di vetta: no
Croce di vetta: si
Flora e fauna intravisti degni di nota: nulla
Densità escursionistica: Media
Punti d'appoggio: Rifugio Mantova.
Note: Percorso molto impegnativo e  con tratti molto esposti e attrezzati, il panorama dalla cima ripaga la fatica ma evidenzio che non è un percorso per tutti, sia in termini di fatica che di esposizione.

Partiamo in tre da Verona alle 6:00 con colazione e rifornimento e arriviamo alla Cabinovia di Pejo alle 8:30 dove con 15€ prendiamo la cabinovia che arriva al primo passo dove poi prendere la seggiovia (che troverete a destra rispetto al monte Vioz camminando 5 minuti sul sentiero), noi saliamo inconsciamente credendo di essere al Doss Dei Gembri per un ora sul 138 fronte monte con un dislivello di ulteriori 600m oltre ai 1000 gia previsti. Arriviamo al Doss dei Gembri (ma scopriremo solo al ritorno che ce una seggiovia che ti fa risparmiare tempo e ginocchia) dopo un impervia e ripidi salita tra ruscelli e boschetti. Risaliamo per il 138 con piacevole sentiero contornato ad un ottima giornata, sulla vetta si intravede il nerissimo (e lontanissimo) Rifugio Mantova; circondato lo spiovente dente del Vioz e croce annessa, il sentiero inizia ad avere zone esposte (mai violente) dove aiutarsi con le manibe qualche filo metallico; si seguono i segnavia biancorossi e gli ometti su un tracciato sempre segnato bene e si arriva al Brinck, una zona completamente attrezzata con scale e filo metallico (personalmente ritengo non la piu esposta) e si parte con una faticosa ascesa alla vetta che si raggiunge in 5h (4 se fossimo partiti dal Doss dei Gembri) con altre zone attrezzate e tortuosi tornanti. Al Mantova troviamo un bel rifugio ma una schiva ospitalità, un menu magrissimo e una pasta cruda; buona invece la carne e Salà. Vista l'ultima tratta della cabinovia prevista per le 18:30 iniziamo a salire alla croce vetta in meno di 15 minuti e con altri 5 al palo di sommità, coperto di neve ma senza necessità di piccozza. Sopra una spettacolare panoramica sulle dolomiti, sulle Alpi carniche, gli occhi sono tutti per il lontano ma imponente Monte Rosa. La discesa è ripida e fino al Brinck impegnativa, superato il dente la discesa e morbida tra sentierini popolati da greggi di pecore nere; arriviamo al lago del Doss dei Gembri e scopriamo la seggiovia che ci permette di arrivare in tempo alla cabinovia prima che chiuda evitando tre ore di cammino fino a Pejo alle nostre gia provate ginocchia.



domenica 11 settembre 2016

CIMA D'ASTA (03/08/16)


CIMA D'ASTA (03/08/16)
Regione: Trentino Alto Adige Trento
Gruppo: Alpi Orientali - Alpi Dolomitiche - Gruppo Cima Asta Lagorai
Elevazione: 2847m slm
Tipologia: Conquista della Cima e ritorno
Itinerario: da Malga Sorgazza (Pieve Tesino, Trento) a Rifugio Brentari attraverso sent.327, poi dal rifugio alla cima sentiero attrezzato 364 e ritorno.
Percorso: Sentiero Segnato
Percorrenza: 9h totali senza soste
Dislivello: 1600m (3200m totali)
Difficoltà: EED
Libro di vetta: Si
Croce di vetta: Si
Flora e fauna intravisti degni di nota:  Una marmottina sul Bualon
Densità escursionistica: Medio-alta fino al rifugio, bassa sul 364
Punti d'appoggio: Rifugio Brentari, Capanna Cavinato.
Note: Percorso complessivo molto lungo e, molto faticoso dal rifugio alla vetta, serve un ottimo allenamento, i cartelli della SAT sono stranamente sottostimati (quindi fate attenzione che se scrivono un ora di percorrenza, quasi sicuramente sono 1,20h almeno); il 364 non necessità di imbracature ma dal passo della Forzelleta alla valle che poi porta in cima è attrezzato con corda metallica ed è molto esposto, serve buona forza fisica e no vertigini.
Il sentiero è sempre ben segnato, fin troppo, infatti e facile confondersi con vecchi segnavia che portano a sentieri dismessi o franati, cercate sempre i segnali piu recenti; pecca invece in segnaletica verticale.

L'obbiettivo settimanale era il Vioz ma la neve in cima mi ha fatto ripiegare per questa comunque ambiziosa cima attraverso un percorso assai piu lungo e faticoso, e le premesse infatti si sono mantenute fedeli.
Arrivo a Pieve Tesino e svolto verso la Val Malene (cartelli marroni) proseguo sulla strada principale parcheggiando a Malga Sorgazza in un ampio parcheggio di buon ora (ore 8:15, partito da casa alle 6:30). Salgo la rotabile che costeggia il ruscello che mi accompagnerà fino al rifugio e incrocio subito un cimitero d'onore del 15/18. La strada è lunga ed inutile, sfianca per 40 minuti buoni quando basterebbe un parcheggio a fine strada, dove, trovo la teleferica ed inizia il sentiero 327 che tra ponticelli e qualche salitina è pure piacevole; dopo meno di mezzora arrivo al vallone di cima d'Asta, denominato Bualon, inizia un sentiero in salita a tornanti discretamente ripido che dura quasi un ora, si arriva quindi ad attraversare il ruscello con l'opzione di svoltare per il piu corto sentiero attrezzato 327b (i Lastoni) o proseguire sul 327 passando per il Trodo degli Aseni, molto piu panoramico, optiamo per questo visto che come percorrenza da 1h (1h e 30' reali) fino al rifugio in ambo i sentieri; si arriva al Lago Cima D'Asta e poi al bellissimo Rifugio, in un ampio piazzale panoramico dove c'e pure la teleferica d'arrivo, un eliporto e una capanna d'appoggio; birretta e medaglia (prezzi buoni e personale ospitale) e poi via alla vetta con il 364, e qui, il primo errore, seguo il cartello verticale ma per evitare un enorma pozza (un lago) che circum-evito mi aggancio ad un sentiero pieno di ometti e segnavia dove arrivo ad una forcella che schiva la cima; tempo per quattro parolacce e torno al rifugio perdendo 45 min sul gia sottostimato tempo di percorrenza; mi infilo su per il 364 che arriva in ripida ascesa alla Forzeletta, da qui si scende ripidamente (quasi verticale) con fune metallica fino alla valle che poi porterà alla cima (Lastè dei fiori); qui approfitto dell'unica traccia di segnale telefonico per mandare due messaggi, nel frattempo arriva un altro escursionista che mi scivola davanti, parliamo in inglese per tre minuti e poi scopriamo di essere italiani, io temendo un altro errore chiedo se va in cima e lui confermandomi e rassicurandomi di esserci gia stato mi invita a seguirlo, il ragazzo nonostante la storta va come uno stambecco, io gia provato da un fuoripista di 40 minuti lo distanzio un po e, perdendolo mi avventuro involontariamente nel cimone d'asta (così denominato da un segnavia), una vetta frontale e poco piu bassa della cima d'asta, molto piu esposta e con passaggi di free climbling; mi rendo conto che la croce è sulla montagna opposta a dove sono vedendo due escursionisti discendervi; inoltre perdo il ragazzo e perdo i segnavia rimanendo per un' ora  buona in balia delle rocce tentando vari passaggi (sfiancandomi) in arrampicata libera; mi dico, attendo il rientro del ragazzo che vedo in vetta al cimone ma poi, tenacia e fortuna mi fanno scovare un  segnale biancorosso che mi porta al crocevia delle due cime; risalgo la tortuosa cima a scaloni con tratti abbastanza esposti ma mai fastidiosi ed arrivo alla vetta cosparsa di nubi; foto con la croce, firma sul libro di vetta e visita al carinissimo bivacco Cavinato, dedicato ad un ragazzo che ha perso la vita anni fa su queste montagne, ospitante fino a 6 posti letto; discendo la cima con i piedi cotti dalle quasi due ore di errore, risalgo la Forzelleta con i cavi metallici e arrivo senz'acqua al Brentari ormai a tarda ora, intorno le 17:30, ora in cui dovrei aver gia concluso l'escursione secondo i miei calcoli; ovviamente zero segnale e quindi accelero sulla breve sosta e mi fiondo a ritroso sul percorso che termino immerso nelle nubi andando spedito e senza soste in tre ore (contro le 2,20 segnalate). Alle 20:20 arrivo al parcheggio dopo 12h di escursione mentre a casa avevano gia contattato tutta la cavalleria dandomi per disperso. Escursione indubbiamente bella ma sicuramente impegnativa e con parecchi fastidi, dalla rotabile inutile e sfiancante di inizio/fine percorso, ai tanti e confusionari segni orizzontali a dispetto dei pochi verticali alle infine ore sottostimate dei segnavia del SAT trentino; come già ribadito evidenzio la necessità di un ottimo allenamento per affrontare questa intera giornata su questa montagna dai paesaggi mozzafiato.

lunedì 5 settembre 2016

CIMA PALON (26/07/16)

CIMA PALON (26/07/16)
Regione: Trentino Alto Adige Trento
Gruppo: Prealpi - Prealpi Venete - Gruppo Piccole Dolomiti
Elevazione: 2232m slm
Tipologia: Sentiero ad anello, visita dei due denti con conquista della cima.
Itinerario: da Passo Xomo, Strada delle 52 gallerie, 105, sentiero tricolore, Cima Palon, Strada degli Scarubbi, Passo Xomo. 
Percorso: Sentiero segnato
Percorrenza: 7h con una di sosta
Dislivello: 1070 (tot 2140)
Difficoltà: EM
Libro di vetta: no
Croce di vetta: si (gabbia di vetta)
Flora e fauna intravisti degni di nota: stelle alpine, ciclamini, camosci, falchi.
Densità escursionistica: media (per essere un infrasettimanale di un luogo molto frequentato) 
Punti d'appoggio: Rif.Achille Papa, Malga Campiglia.
Note: Percorso di rilevanza storica importantissima, cima modesta ma gran vista su Adamello e Carega (eccezionale), area a volte molto esposta nella strada delle gallerie verso la fine, sconsigliata ai vertiginosi; d'obbligo bastoncini e torcia, da fare in estate per la pericolosa umidità delle gallerie. 

Inutile evidenziare l'emozione di attraversare un posto così nevragilco vissuto durante la Grande Guerra (detto e ridetto su molti portali di montagna) e che ogni buon escursionista dovrebbe fare almeno una volta nella vita. Questa volta ho due compagni di viaggio, uno di lunga esperienza e uno di forte resistenza fisica, entrambi gia tarati sul 366 (gallerie) ma novizi del sentiero tricolore (105). Si arriva a Posina, vicino a Schio e si sale a Passo Xomo dove facciamo colazione e dopo un paio di km parcheggiamo l'auto (6€ il giornaliero). Parte con un ingresso cinematografico alla prima galleria, ognuna intitolata ad un'unità militare, un comandante o una regione, alcuni tratti sono abbastanza ripidi ma mai preoccupanti, anche se bastoncini telescopici (a causa della roccia viva sul suolo e l'umidità interna) e pila (a causa del buio pesto di alcune gallerie) sono indispensabili. Alcune zone sono parecchio esposte ed infatti sono recenti alcune corde metalliche fissate alla parete. Si giunge al Papa tra gallerie, cippi funebri, fiori (comprese un paio di stelle alpine) in circa 2,15h senza soste. Al Papa, imponente rifugio incastonato nel Pasubio, inizia a piovere e optiamo per pranzare, prendendo tempo per poi conquistarsi la cima. Dopo un pranzo senza infamia e senza lode, un ottima birra "cimbra" e la spilla del rifugio, il tempo migliora e anche se uno dei due compagni di viaggio appaia gia saturo, seguiamo con un piacevole fresco tre ufficiali degli alpini in sopralluogo pre-campo che si inoltrano nel 105; il percorso è ripido ma le chiacchere e le stelle alpine ci danno carica e in 40 minuti scarsi siamo alla casa del custode e dopo 5 minuti alla 53esima galleria (la Papa) e la limitrofa cima Palon con annessa gabbia di vetta, ricca di residui di reticolati, barattoli e armamenti depositati dagli escursionisti assieme ad alcuni ceri. Sulla vetta anche alcuni ometti, una tavola a mappa in pietra con le direzione delle principali catene montuose e un raro segnale trigonometrico dell'Istituto Geografico Militare. Giro veloce al dente italiano ed austriaco (a 5 minuti) e discesa verso il tricolore del sentiero delle creste in mezzo ad un suggestivo reticolato militare. Si prende nuovamente il 105 intravedendo la chiesetta commemorativa e si scende verso il Papa incrociando a meno di 20m una coppia di camosci che ci guardano curiosi; al bivio con il 366 prendiamo la strada degli Scarrubbi in piacevole discesa che diventa fastidiosa a causa della monotona lunghezza e di una pioggerella pizzicante; optiamo quindi per alcune scorciatoie segnate e con un altro avvistamento di 5/6 camosci, arriviamo ad incrociare Malga Campiglia e dopo 10 minuti il parcheggio.
Le 52 gallerie sono eccezionali, un museo a cielo aperto, ma  ovviamente arrivati al Papa senza fare il 105 fino in cima vi siete persi il 50% dell'escursione.