mercoledì 19 dicembre 2018

CIMA CASTELCUCCO E COR (06/11/2018)

CIMA CASTELCUCCO E COR (06/11/2018)
- Regione: Veneto, Verona
- Gruppo: Prealpi Bresciane, Gruppo Baldo. 
- Elevazione: 1180m slm (Castelcucco)
- Tipologia: Giro ad anello con conquista delle cime 
- Itinerario: Da villaggio Monte Cucco per strade forestali, poi traccia e infine sentiero libero alla cima del Castelcucco, poi per forestale e tracce di sentiero militare a quella del Cor con rientro per forestale e breve tratto di provinciale.
- Percorso: Sentiero segnato, traccia non sempre segnata.
- Percorrenza: circa 3h senza soste
- Dislivello: circa 300m 
- Difficoltà: EE
- Libro di vetta: No
- Croce di vetta: No
- Flora e fauna intravisti degni di nota: Daini
- Densità escursionistica: nessuno
- Punti d'appoggio: nessuno
- Note: Giro ad anello su due picchi desolati del Baldo orientale. Percorso pressoché in aree boschive con interessanti visioni su ex aree belliche lasciate intatte dai tempi della grande guerra.

Oggi come nell’ultima settimana sono previste piogge, il maltempo la fa da padrone in tutto il Nord Italia. Però non voglio rimanere a casa e controllando qui vicino da me noto che ci sono due picchi ancora che non ho visitato nella zona del Baldo.

Non trovo praticamente nulla su Internet e nemmeno il GPS mi da la possibilità cioè che portino alle vette di queste due piccole alture ma non mi scoraggio. Lascio la macchina nei pressi del piccolo villaggio di Montecucco nelle vicinanze di Ferrara di Monte Baldo all’altezza di un curvone dove parte un sentiero forestale che porta ad un pascolo a circa 50 m dalla vetta del primo obiettivo. Arrivo sul sentiero ad una curva piuttosto larga e decido di iniziare una salita per gli ultimi 50m cercando tracce di sentiero. Intercetto un sentiero che porta al famoso pascolo dopo aver fatto parecchi metri di percorso libero. Il maltempo e i numerosi alberi caduti non aiutano ma con un po’ di buona volontà e di dimestichezza riesco a raggiungere la sommità del Castelcucco. Sulla cima oltre che a un vecchio cartello della forestale e tanta vegetazionf trovo un cubo di cemento con conficcato dentro i resti di un palo metallico che poteva essere una croce di vetta. Tempo per una foto e mi ributtò sul sentiero che portava al pascolo evitando i danni del maltempo riesco a raggiungere grazie a questa traccia di sentiero la forestale nei pressi di dove l’avevo attaccata poco prima per salire. Questa volta viaggio nel senso opposto in direzione del monte Cor. Sego la forestale fino all’intersezione con il sentiero che 76 che porta al capitello dell’orsa. Scavalcò il sentiero e prosegua per la cresta del mio secondo obiettivo, il percorso è libera ma noto a terra che c’è qualcosa di calpestato anche se la devastazione del maltempo la fa da padrona. Proseguo ed inizio ad annotare su degli alberi dei segni rossi il che mi rincuora. La fatica non è mai tanta ma la difficoltà nel districarsi da arbusti caduti, terreno molle e orientamento sicuramente non è per novellini. Arrivo finalmente alla desolata cima del monte Cor dove è presente un antici presidio bellico con bellissima vista sulla Val d’Adige sul Corno d’Aquilio. In tutta l’area è possibile vedere altri ricoveri e trincee praticamente sepolti dal tempo. Rientro dalla stessa via e poi dalla forestale e mi collego alla provinciale che in circa mezz’ora mi porta alla macchina.

CIMA GRANDE CIR E PICCOLO CIR (17/09/2018)

CIMA GRANDE CIR E PICCOLO CIR (17/09/2018)
- Regione: Trentino Alto Adige, Bolzano
- Gruppo: P Dolomiti Orientali, Gruppo Cir 
- Elevazione: 2592m slm
- Tipologia: Giro ad anello con conquista delle cime 
- Itinerario: Da passo Gardena per Alta Via n.2 e poi per sent 12A infine per traccia alle cime riscendendo per l’alta via n.2
- Percorso: Sentiero segnato, traccia segnata
- Percorrenza: circa 4h senza soste
- Dislivello: 700m
- Difficoltà: EEA
- Libro di vetta: Si (solo Grande Cir)
- Croce di vetta: Si
- Flora e fauna intravisti degni di nota: Gracchi alpini
- Densità escursionistica: circa una ventina di persone sulle ferrate
- Punti d'appoggio: Molti a passo Gardena
- Note: Giro degno di nota in un bellissimo ma poco conosciuto gruppo dolomitico ricco di roccia solida e piena di Pinnacoli. Il giro occupa mezza giornata o qualcosa in piu, la ferrata al grande Cir è piuttosto elementare, non banalissimi i passaggi su roccia, quella al piccolo Cir invece è molto aerea ed esposta e richiede una discreta tecnica.


Partiti prestissimo in tre da Verona arriviamo alle 8:45 al passo dove dopo un pessimo caffè in circa mezzora per l’AV2 e per il sent.12 arriviamo al vallone che ripidissimo in 5 minuti porta all’attacco del Piccolo Cir. La prima parte ha tratti di II e poi parte la ferrata con tratti interessanti e molto aerei. La ferrata si conclude sull’esile cima. Tempo per due foto con alle spalle la piccola croce e via per il vallone (attrezzato) in discesa. Arriviamo alla traccia di collegamento con il Piz da Cir o grande Cir. La salita risale il vallone che lo divide dal reato dal gruppo con passaggi di I, parte poi la semplice ferrata che alterna tratti di I e che in 40 minuti porta alla croce di vetta. Discesa per la stessa via e birra, canederli e speck al Jimmy Hutte.

lunedì 26 novembre 2018

A Pallino...


Dedico questo post ad un amico che mi ha vissuto a fianco per quasi 17 anni. Non sapeva nulla di montagne ma dal suo Balcone si guardava tutti i giorni il Baldo e il Corno D’Aquilio e dalla camera il Carega. Dedicheró un messaggio a lui su una croce di vetta, se mai troverete questo messaggio, abbiate un pensiero per lui.


Mentre scrivo questi pensieri sono qui a fianco a Pallino, un gatto che ha passato con me la sua vita dal suo trentesimo giorno ad oggi, ultimi istanti della sua esistenza. Pallino e Yuma, suo fratellino, erano gli ultimi due micetti di una cucciolata di certosini meticci nati nell’ultima settimana di giugno del 2002. La mia compagna del tempo senti i miagolii provenire dal negozio di animali nel centro commerciale vicino a noi e mi disse..”ne prendiamo uno?”...ci pensai un secondo e scegliemmo Yuma..ma i pianti strazianti di Pallino ci fecero prendere due micetti quel giorno. La storia con lei finì nel 2003 e i mici rimasero a me portandoli alla mia casa natale dove rimasero fino al 2006 quando ci trasferimmo prendendo un’appartamento piu piccolo. In quel triennio Yuma e Pallino passavano le loro giornate tra il giardino di casa e la taverna dove dormivano. Nel 2006 mi venne imposto per motivi di spazio di scegliere un micio perchè due non ci potevano stare. Fu straziante lasciare Yuma ad una volontaria che lo avrebbe portato ad un ragazzo che cercava un micetto e fu ancora piu doloroso dovermene assumere tutti gli oneri, guardarlo in faccia e da bugiardo fargli credere che era tutto apposto. Questa cosa mi tocco profondamente e non me la perdonai mai. Di Yuma non seppi piu nulla, solo una notte nel 2016 mi sognai di lui e credo, anzi ne sono convinto, che quella fosse stata la sua ultima notte. Pallino a parte un paio di giorni di disorientamento ha ripreso la sua vita regolare, felice e giocoso fino al 2015, quando sgattaiolò fuori di casa e sparì. Ricerche vane per un mese finchè un giorno un vicino non lo notó nei garages del nostro condominio. Quasi scheletrico ritorno a casa e anche se fisicamente non si riprese mai completamente, condusse un’ottima vita fino all’estate del 2018 dove il caldo e l’età lo destabilizzarono parecchio. L’autunno passa sereno ma alla fine di novembre i suoi reni crollarono. Quattri giorni di agonia circondato dalle persone che gli vogliono bene e poi si è deciso per l’eutanasia. Un atto di amore estremo, una scelta che nessuno vuole fare, perché a nessun essere vivente deve esser imposto di toglierne la vita ad un altro. Sono andato contro ogni mio principio tradendo anche il secondo fratellino di quella cucciolata, portandolo nuovamente davanti ad un estraneo e rassicurandolo che sarebbe stato tutto apposto, altro atto che dentro di me non mi perdonerò mai ma che almeno, spero abbia alleviato le pene al mio caro amico.

Questa è la storia di Pallino, un gatto come tanti altri ma forse un po piu speciale per me, forse perché era il mio, un essere innocente che non ha mai torto un pelo ad una mosca come tutti i gatti, come tutti gli animali. Sorrido con un velo di tristezza pensando a quelle teorie dove ad esseri così puri gli venga negata una vita oltre alla morte come è garantita agli uomini, gli esseri viventi più orribili dello spazio conosciuto. In questi giorni ho realizzato parecchi pensieri tra cui quello che il più cattivo degli animali  non sarà mai così cattivo come il più buono degli uomini.
Ho lasciato un messaggio in un posto dove so solo io al mio amico Pallino, che io soprannominavo “Sacco” per il suo modi di porsi goffo e pigro:

“Non credo nei “paradisi” dove non vi accettano..o...per forza di cose c’e ne deve essere uno migliore del nostro per quelli come voi.
“Che tu possa avere sempre il vento in poppa, che il sole ti risplenda in viso e che il vento del destino ti porti in alto a danzare con le stelle.” Non so dove e quando ma so che ci rincontreremo! 
Buon viaggio..ti voglio bene “Sacco”!

Ora Pallino riposa in un campo di proprietà di famiglia della ZAI2 alla Bassona nel comune di Verona assieme a tutti gli altri animali amati dalla nostra famiglia come Sini, Susy, Alaska, Chicca, Fren, Ivan, Ringo e molti altri.

Com profondo affetto, il tuo amico Jader



martedì 6 novembre 2018

CIMA CAVAION (28/08/2018)

CIMA CAVAION (28/08/2018)
- Regione: Trentino Alto Adige, Trento
- Gruppo: Alpi Orientali, Ortles Cevedale
- Elevazione: 3140m slm
- Tipologia: Conquista della cima and back per sentiero alternativo.
- Itinerario: Da Malga Mare per sentiero 123 fino al lago Careser, dopodiche vecchia traccia che costeggia la destra orografica del lago fino ad un ruscello a destra in una valle dove si risale una lieve traccia con qualche ometto fino ad una pietraia, da li in poi si seguono lievi tracce di sentiero fino alla cima. Rientro per la stessa via oppure.
- Percorso: Sentiero segnato, traccia non segnata, percorso intuitivi
- Percorrenza: circa 7h senza soste
- Dislivello: 1300m
- Difficoltà: EE A II
- Libro di vetta: No
- Croce di vetta: No
- Flora e fauna intravisti degni di nota: Camosci a branchi
- Densità escursionistica: una decina fino al lago Careser, poi piu nulla
- Punti d'appoggio: Malga Mare
- Note: Giro in una bellissima quanto dimenticata zona tra il pian della Venezia e la Val di Rabbi; la salita fino al Lago del Careser è un piacevole sentiero escursionistico molto frequentato, dopodichè muta il panorama e la difficoltà, il percorso diventa categoricamente per escursionisti esperti con capacità di muoversi su pietraie mobili e tratti esposti.

La giornata è ottima e visto che non ho nessun compare con cui condividere gioie e dolori, mi lancio nella mia attività preferita, l’alpinismo esplorativo, ovvero la conquista di vette perlopiu conosciute. L’obbiettivo era doppio, Pontevecchio e forse se avanzava tempo la Cavaion ma come si Sa, in montagna l’imprevisto è a portata di mano, alcuni intoppi e alcune mie sottovalutazioni mi porteranno a fare il contrario. Arrivo tardi (per sonno) a Malga Mare complici anche alcuni lavori verso Cles e risalgo dal sentiero 123 con un ottima performance il sentiero in un 75’ contro i 120 previsti. Da li opto per tenere la destra del lago catturando una traccia non presente in molte relazioni anzichè tenere la sinistra scavalcando il lago dalla diga come hanno fatto i pochi che hanno relazionato il giro. La traccia devia ancora a destra lasciando il lago e salendo il vajo di un piccolo ruscello dove qualche ometto permette di raggiungere l’inizio di una desertica pietraia che fa da spallone alle due vette prefissate e dove terminano gli ometti. Perdo parecchio tempo ad arrampicare su passaggi veramente ostici ma mai violenti. Arrivo alla base dove vedo le due vette ma ho ancora un’altra pietraia ancora da affrontare e risalire fino alla sella di Cavaion che separa i due obbiettivi. Sosta ad una piccola stazione metereologica, unica traccia umana in quel deserto di pietra ed inizio a risalire il vallone ammirando sempre di piu la piramidale Pontevecchio con la sua bella croce di vetta. La Cavaion invece da sotto si delinea con difficolta avendo alcuni “denti” al suo fianco ma il palo di vetta non lascia dubbi.

Arrivo alla sella, ho perso tantissimo tempo e guardando la cresta nord della Pontevecchio, da cui secondo la guida dei Monti d’Italia dovrei risalire (si nota la traccia in alcuni punti), tutta spaccata, affilata e con passaggi di III+ almeno, provo per un po a risalire ma poi lascio, troppo pericoloso, contando che sono l’unico essere umano per km; opto per cercare di non tornare a mani vuote e mi butto sulla “dichiarata facile” Cavaion. Qualche nevaio semplice e parte la difficile cengia che porta al torrione col palo di vetta; alcune parti sono aeree e per conquistare il rocciome sommitale che sovrasta il palo di vetta l’arrampicata è delicata e supera il III, fortunatamente con me ho un po di cordino e azzardo. Una volta sopra la sorpresa, il pallo inganna, dal gps ma anche ad occhio la cima Cavaion è la prima dalla sella e non la terza. Calata, rientro e salita (II-) alla vera cima mi fanno perdere quasi 40 minuti. Pontevecchio da nord è impraticabile e da sud, dove ho una relazione è infattibile sia per tempo che per troppa friabilità della spalla sulla Val di Rabbi che porta all’asciutto lago Pontevecchio e risale la cresta. A malincuore scendo ma alla stazione meteorologica scelgo di spostarmi piu verso sud; errore madornale, se subito il percorso è piu morbido poi tutto precipita in pericolosissimi vaji franati o pareti strapiombanti, mi calo com cordino e casco su erti vajii franati e aerei passaggi fino al lago dove riprendo la traccia che costeggia il lago e rientro dall 123 fino a Malga Mare per la meritata birretta.

CIMA LINKE (13/08/2018)

CIMA LINKE (13/08/2018)
- Regione: Trentino Alto Adige, Trento
- Gruppo: Alpi Orientali, Ortles Cevedale
- Elevazione: 3635m slm
- Tipologia: Giro ad anello con conquista della cima 
- Itinerario: Da monte della funivia Pejo 3000 per sentiero e traccia fino a Cima Vioz e poi per traccia a Cima Linke, rientro per la stessa via fino al Bric e poi discesa 105 e 139 fino a Doss dei Gembri.
- Percorso: Sentiero segnato, traccia non sempre segnata
- Percorrenza: circa 7h con soste
- Dislivello: 1100m
- Difficoltà: EE
- Libro di vetta: No
- Croce di vetta: Si
- Flora e fauna intravisti degni di nota: Nulla
- Densità escursionistica: Folta da lunedi di Ferragosto
- Punti d'appoggio: Rifugio Mantova, Rif. Scoiattolo, Rifugio Doss dei Gembri  
- Note: Non banale escursione che tocca una cima a solo venti minuti dalla piu nota vetta del monte Vioz, molti escursionisti non raggiungono la cima ma sostano nella sottostante postazione bellica di origina austriaca per il controllo della teleferica.


Le Dolomiti sono colme di temporali e un po di “scuola ferrate” sul Cir con alcuni amici salta. Solo l’Ortles sembra darmi il suo cuore per questa stagione e il meteo infatti dice bene solo la. Con me ho Gerry (Campanili, Punta Penia e qualche altra ascensione invernale sul Baldo) e fidanzata e partiamo alla volta del (gia fatto Vioz). Per alleggerire la salita ai comunque non allenati fidanzatini saliamo con cabinovia da Pejo al primo troncone e poi prendiamo la funivia “Pejo 3000” che porta all’ex rifugio Mantova dove il Vioz si connette per cresta al Taviela. Li il sentiero precipita nelle vicinanza di un laghetto alpino perdendo quasi 300m di dislivello e dallo specchio d’acqua parte l’evidente e ben bollata traccia alpinistica (I/II-) che in un ora e mezza di pietraie ci porta al famoso Bric dove ci colleghiamo alla via normale in netto anticipo sulla tabella di marcia. L’obbiettivo era cima Vioz e discesa per la normale ma il super orario inizia a farci pensare alla vicina punta Linke. Arrivati al Mantova con il Gerry un po provato saliamo in dieci minuti alla vetta e dopo un quarto d’ora di riposo optiamo per la Linke, da me mai fatta (la volta precedente avevamo macinato parecchio ritardo). Scendendo per la cresta su traccia bollata si segue la via per quel che rimane della vedretta rossa seguendo i pali piantati. Il ghiacciaio ormai è alla fine e lo spessore è veramente minimo, quindi non c’è pericolo assoluto di crepacci. Alla fine del ghiacciaio inizia la punta rocciosa che fa risalire prima alla postazione austriaca presidiata la quale facciamo un istruttivo percorsino guidato e poi ci lanciamo per traccia di I grado alla vetta. Tempo per due foto e riscendiamo al rifugio Mantova dove pranziamo, usciti dal rifugio inizia una pioggia torrenziale che ci accompagna per quasi metà del sentiero di ritorno sulla via normale. Seggiovia al Doss dei Gembri e Cabinovia di nuovo a Pejo.

mercoledì 3 ottobre 2018

CIMA FOCOBON (09/08/2018)


CIMA FOCOBON (09/08/2018)
Regione: Trentino Alto Adige, Trento
- Gruppo: Alpi Orientali, Pale di San Martino
- Elevazione: 3054m slm
- Tipologia: Conquista della cima and back.
- Itinerario: Da Gares per per set 754 e 755 fino ai piani di Campido poi per tracce di sentiero alla Cima
- Percorso: Sentiero segnato, traccia non sempre segnata
- Percorrenza: circa 9,5h senza soste
- Dislivello: 1680m
- Difficoltà: EE A III+
- Libro di vetta: si
- Croce di vetta: si
- Flora e fauna intravisti degni di nota: Camosci e marmotte
- Densità escursionistica: nessuno
- Punti d'appoggio: Rif. Mulaz, Malga Stia.
- Note: Eccezionale punto panoramico sulle Pale, ascensione tecnica, impegnativa sia dal punto di vista fisica che dell’orientamento.

Il giorno prima non sapevo decidermi, sapevo solo che volevo stare sulle amate Pale. Ero piu propenso alla cima dei Bureloni, piu vicina (dalla Val  Venegia) e molto meno tecnica; ma una relazione sulla stessa che la descriveva come una faticaccia tremenda e il mio stato mentale molto esaltato dall’appena salito Ortles mi ha fatto orientare su questa vetta, cosi dimenticata, cosi poco relazionata. Parto prestissimo per raggiungere Gares, delizioso e sperduto borgo nel bellunese. Alle 7:30 sono alla partenza e nonostante tre giorni prima fossi stato un morto che cammina e la sveglia stamattina sia stata quasi una notte in bianco, sono stranamente in forma e motivato, tanto che il mio pensiero è Focobon ma con il punto di domanda su cima Campido qualora mi fossi trovato a dover rinunciare al mio obbiettivo per motivi tecnici. Risalgo i sentieri della val di Gares raggiungendo i piani di Campido in ben 3 ore e mezzo di salito, faticosa, ma mai complicata gustando cime come lo Zopel o la celebre Taida, un bastione roccioso spaccato a metà da una profonda fessura. Lascio quindi il sentiero e mi inoltre nel circolo glaciale in mezzo a ghiaia e rocce rotte seguendo una lieve traccia di sentiero che si fa spazio tra la Campido, di cui si vede gia un’appetitosa traccia e la mia Focobon, che pare irraggiungibile. Mentre risalivo alla volta del passo di Focobon, complice la solitaria, la tentazione di mollare mi e sopraggiunta piu volte, la Campido era troppo saporita e la Focobon sempre piu ostica e con sempre meno ometti a rassicurami. Arrivo al passo e viro verso la cima e omonimo campanile. Iniziano le difficolta tecniche, prima un traversino di II abbastanza divertente e poi lui, il temuto camino di III, che da sotto sembrava ovviamente di IV ma poi guardando meglio, fessure ed appigli sono presenti in discretaquantità. Non conoscendo la roccia opto per assicurarmi ma credo che molti, ovviamente solo per la salita, non lo abbiano fatto. Metodo Casarotto e via, si arrampica che è un piacere, l’unico pensiero il fatto di essere solo, ma non me lo ha ordinato il dottore, quindi bando alle ciance! 
Tecnicamente sono due tiri ma ad 1/3 del primo, inizio a preoccuparmi in quanto non trovo chiodi e mi rendo conto che è una scivolata da li potrebbe sicuramente essere già fatale. Approffito di un piccolo spazio per i piedi per fare una clessidra, avanzo sereno fino a 30m, sosto con due nuts ben salde. Scendo e recupero lo zaino per poi risalire a memoria. Secondo tiro, anche qui zero chiodi, ne pianto io uno a metà con il martello della picca e proseguo fino alla fine del camino dove finalmente scorgo presenza umana; un cordino per la calata. Scendo e ripiglio lo zaino e via. Questo tratto mi fa perdere un’ora ma la riuscita dell’ascesa mi fa salire un esaltazione da paura. Nonostante sia provato, salgo come una freccia verso la cresta, la traccia e lieve mai tuitiva e in poco arrivo all’antica croce di legno. Mulaz e relativo rifugio, Campido, le pale e sullo sfondo tutto il resto. Magia..ma il tempo stringe, quindi foto, firma sul libro, pranzo veloce e via in discesa, che grazie alle doppie mi fa muovere in velocità (ovviamente mentre scendevo in discesa ho scorto i punti fissi di calata che in salita non avevo visto, recuperandomi il chiodo) mettendoci poco piu di 3h ad arrivare alla macchina per la stessa via.
Ovviamente Campido è rimandata.

Non ce nemmeno un bar per una birra, pazienza, la soddisfazione per la conquista rimane comunque tanta e mi accontento di un Ichnusa in Autogrill. 

CIMA ORTLES E TABARETTA (04-05/08/2018)


CIMA ORTLES E TABARETTA (04-05/08/2018)
- Regione: Trentino Alto Adige, Bolzano
- Gruppo: Alpi Orientali, Ortles Cevedale
- Elevazione: 3905m slm
- Tipologia: conquista della cima and back
- Itinerario: Da Solda per seggiovia dell’Orso poi via sent.104 al rifugio Payer e poi per traccia alla cima con rientro per la stessa via.
- Percorso: Sentiero segnato, traccia non sempre segnata
- Percorrenza: circa 15h con soste
- Dislivello: 1900m
- Difficoltà: A III+
- Libro di vetta: Si ambo le cime
- Croce di vetta: Si (solo Ortles)
- Flora e fauna intravisti degni di nota: Qualche taccola
- Densità escursionistica: Fino al Payer molti escursionisti, dopo 8 cordate
- Punti d'appoggio: Rif. Tabaretta, Rif. Payer, biv. Skiatori
- Note: Imponente montagna e altrettanto imponente percorso per raggiungerla, si attraversano tutti i panorami montani, dai prati erbosi alla Morena glaciale a sentieri su roccia, all’arrampicata su roccia, l’arrampicata su ghiaccio e infine i passaggi su ghiacciai crepacciati; da m affrontare con Guida Alpina  o con compagni di cordata molto esperti su tutti i terreni montani.

Il ritrovo a Bolzano con il nostro capocordata Andrea è gia il primo ostacolo da superare a causa del weekend trafficato previsto e infatti fino allo svincolo sulle Dolomiti perdiamo piu di un’ora e mezza di tempo. Arriviamo a Soldà con due ore di ritardo sull’arrivo previsto con il gigante nero che ci osserva mostrandoci la sua temuta parete nord ma non la cima a causa delle nuvole gia previste dal meteo. Prendiamo la seggiovia dell’orso che ci fa tagliare un bel pezzo di strada e a monte viriamo a destra mantenendo il “re nero” sulla nostra sinistra e percorriamo un sentiero in falsopiano che ci porta alla morena glaciale sotto la parete nord, cosparsa di targhe di alpinisti che mai vi hanno fatto ritorno. Risaliamo sempre su sentiero pratoso la montagnola che culmina col rifugio Tabaretta e nel mentre, il gigante nero ci fa tremare con una scarica di sassi dal punto chiave della parete nord rimbombando come un ordigno per molti minuti. Piccola sosta al Tabaretta dove poi prendiamo il sentiero roccioso che porta all’arroccato rifugio Payer sfoltendo molti escursionisti. A parte un ponte in legno che suoera un burrone e un tratto attrezzato su cengia stretta il sentiero non presenta difficoltà e in circa 3 orette arriviamo al nostro alloggio di poco sopra i 3000m in una splendida cornice con l’Ortles a guardarci e vista su Cima Solda ad ovest e Alpi Aurine e Tauri a nordest. Un ottima cena, due chiacchere e alle 22 tutti in branda che alle 4:00 ce la colazione in tavola. La notte passa in dormiveglia, gli incubi del maltempo e la paura di non svegliarsi la fanno da padrone. Alle 4:30, finita la colazione partiamo, ci imbraghiamo (siamo in 4) e ci leghiamo in conserva attraversando col solo frontalino le prime cengie strapiombanti al buio. Il percorso è alpinistico fin da subito e dopo la prima oretta si giunge con l’alba alla parte piu difficile dove si arrampica su roccia su strette crestine dove non è consentito l’errore dove, nei punti piu nevralgici vi è l’ausilio della catena o del canapone. Superata la parte rocciosa e toccando cima Tabaretta (spartana croce di legno),  parte il ghiacciaio dove infiliamo i ramponi ed estraiamo la picca. Il ghiacciaio è enorme, pieno di crepacci e con una serraccata spaventosa sopra la nostra testa. Ci muoviamo agevolmente fino all’altezza del bivacco Skiatorr dove vi è un infida paretina di ghiaccio vivo che ci mette a dura prova. Ripartiamo per l’infinita spalla ovest del ghiacciaio iniziando a sentire sia quota che stanchezza. L’idea di mollare visto che l’arrivo in vetta doveva avvenire non oltre le 10 per il surriscaldamento del ghiaccio E la possibilità di distacco di serracchi (la giornata è ottima) ma la croce di vetta in lontananza ci da fiducia. Un ultimo sforzo sulla cima di misto ed è vetta; il punto piu alto del Trentino Alto Adige, delle Alpi Orientali e la conquista di una delle montagne piu ambite (nonostante non tocchi i 4000) mi fa quasi magone. Abbracci, firme sul libro di vetta e tante foto. Poi cinque minuti per godersi la vista sul gran Zebru, il monte Zebru e dietro tutto il resto del gruppo, la parete Hintergrat, Solda..uno spettacolo, ma è ora di ripartire o il ghiaccio potrebbe farci brutti scherzi. La discesa avviene a ritroso con tappa (d’obbligo) al Payer a recuperare liquidi e parte dello zaino. Il rientro con stanchezza e doppio della strada è piu lento, due calate in doppia rallentano le cordate e senza sosta dal Payer giungiamo alla seggiovia giusti per l’ultima corsa. Stremato, a valle mi accascio e penso a quel gigante nero che mi ha concesso di sostare sulla sua vetta.

CIMA NERA 19/07/2018)


CIMA NERA 19/07/2018)
- Regione: Trentino Alto Adige, Trento
- Gruppo:  Alpi retiche meridionali, Ortles Cevedale 
- Elevazione: 3037m slm
- Tipologia: Giro ad anello con conquista della cima
- Itinerario: da Malga Mare per sent.102, poi 104 e infine traccia militare; rientro per 104 e 102 fino a Malga Mare
- Percorso: Sentiero segnato, traccia non segnata
- Percorrenza: circa 6h senza soste
- Dislivello: 1000m
- Difficoltà: EE
- Libro di vetta: No
- Croce di vetta: Si
- Flora e fauna intravisti degni di nota: Scoiattoli e marmotte
- Densità escursionistica: Zona di cima Nera solo una coppia, in tutto il pian della Venezia molti turisti. 
- Punti d'appoggio: Malga Mare, Rifugio Larcher Cevedale.
- Note: Cima interessante sia dal punto di vista panoramico che storico. Il percorso è escursionistico tranne il tratto che dal lago Marmotta porta fino alla vetta dove si richiede un po d’esperienza.

Partenza 5:30 da casa e arrivo a Malga Mare (3€ il pedaggio) verso le 8:00 dove parcheggio. Risalgo il piacevole sentiero 102 tra bosco e cascate e poi sl bivio giro a destra per il 104 sul “percorso dei ghiacciai” dove inizio a risalire a zig zag fino al piano dove in distanza vedo gia la diga del Careser con dietro cima Cavaion e Pontevecchio. Il percorso da salita ripida passa ad un falsopiano piacevole disturbato solo dal caldo asfissiante e mi permette di vedere due bellissimo laghi alpini, il Lungo e il Marmotta sotto l’omonima cima. Anche Cima Nera a sinistra e gian ben visibile ma gli occhi si spostano sin dall’inizio verso sinistra in direzione dei giganti dell’Ortles e i loro ghiacciai. Supero il lago Marmotta e anche se non segnata la traccia militare è ben evidente e qualche ometto da la certezza del sentiero che inizia ad inerpicarsi verso gli sfasciumi della cima. In 30 minuti dal lago arrivo alla vetta senza mai particolari pensieri. Sulla sommità e poco sotto sono presenti baraccamenti bellici e una croce risalente alla prima guerra mondiale. La vista spazia dal Palon de la Mare, Rosole, Cevedale, Zufal, Gran Zebru, Ortles, Forcola, Marmotta, Venezia, Pontevecchio, Cavaion e Presanella sullo sfondo; una terrazza panoramica unica.
Scendo per la stessa via ma al lago devio per il 104 per una birra e una fetta di torta al rifugio Larcher al Cevedale, ottimo rifugio come sempre. Parto poi per la volta di Malga Mare per il 102 che raggiungo in un’ora e mezza.

CIMA PASTELLETTO (11/07/2018)


CIMA PASTELLETTO (11/07/2018)
- Regione: Veneto, Verona
- Gruppo: Prealpi Venete, Altopiano Lessino 
- Elevazione: 1031m slm
- Tipologia: Giro ad anello con conquista della cima
- Itinerario: dal ristorante Paroletto di Breonio si segue il sentiero 240 che fiancheggia la cresta del Pastelletto fino ad un evidente bivio non segnato in cartina,da li per traccia in cresta alla vetta per poi scendere intersecando il 240 con percorso a ritroso.  
- Percorso: Sentiero segnato, traccia non segnata
- Percorrenza: circa 1,5h senza soste
- Dislivello: 300m
- Difficoltà: EE
- Libro di vetta: No
- Croce di vetta: No
- Flora e fauna intravisti degni di nota: Un bello sparviero
- Densità escursionistica: nuola
- Punti d'appoggio: rist.Paroletto, bivacco Pastelletto.
- Note: Giro d’allenamento per scopi puramente collezionistico. Il sentiero È molto semplice e attrattivo per i turisti del ristorante, interessante e con qualche passaggio tecnico il percorso sulla cresta.

Oggi visto il maltempo obiettivo era fare un un po’ di allenamento sul vicino Pastello, riuscito a conquistarlo in tempi molto brevi dalla vetta vedo il vicino Pastelletto E nonostante sia una modesta sommità di scarso interesse, non avendolo mai fatto mi decido di andare a cavalcarlo. Prendo l’auto e quindi parcheggio al ristorante dove da dietro sale il sentiero  240 Che fiancheggia la cresta e dopo un paio di tornanti mi trovo già sulla dorsale che a breve mi porterà al bivio di congiunzione con la cresta del Pastelletto. Giunti all’intersezione anziché proseguire sul 240 facciamo il tornante a V in direzione delle evidenti antenne televisive. Quindi si risale la cresta per fievole tracciq non segnata fino alla sommità erbosa (non è presente nulla in vetta, quindi meglio avere con sé un GPS per poter controllare l’esatto punto di massima elevazione in quanto la cresta diventa piuttosto lineare e quindi impercettibile capire quando si è sulla sommità). Giunti alla cima si prosegue per cresta con qualche passaggio tecnico su roccia leggermente esposto fino a giungere alle due ante cime con cui sotto il piccolo ma carino bivacco Pastelletto, ricavato da un vecchio ricovero pastorizia. La cresta inizia a scendere e ci si interseca con il 240 dove si fa svolta verso sinistra e dopo circa 10 minuti si arriva al bivio dell’ intersezione per poi tornare al parcheggio a ritroso.

lunedì 3 settembre 2018

CIMA SASS RIGAIS (30/06/2018)



CIMA SASS RIGAIS (30/06/2018)
- Regione: Trentino Alto Adige, Trento
- Gruppo: Dolomiti , Gruppo Puez/Odle 
- Elevazione: 3025m slm
- Tipologia: Giro ad anello con conquista della cima
- Itinerario: Da Col Raiser per il rif.Firenze, sent.13 e traccia per ferrata Sass Rigais fino alla vetta con rientro da sudest fino al sent.13 e Col Raiser.
- Percorso: Sentiero segnato, traccia segnata
- Percorrenza: circa 8h senza soste
- Dislivello: 1000m
- Difficoltà: EEA
- Libro di vetta: Si
- Croce di vetta: Si
- Flora e fauna intravisti degni di nota: Caprioli e marmotte
- Densità escursionistica: altissima
- Punti d'appoggio: Rif. Col Raiser, Rif.Firenze.
- Note: Spettacolare ambiente alpino in una vallata circondata da una muraglia di Dolomia. La ferrata non è particolarmente tecnica ma richiede passo fermo in quanto esposta e in alcuni punti critici nom attrezzata, inoltre richiede buon allenamento e forza di braccia in alcuni tratti.


Partenza con Andrea alle 6:00 da Verona con arrivo alle 8:30 a S.Cristina in ottima giornata, salita a Col Raiser (20€ la funivia, 3,5€ il parcheggio) e partenza a monte alle 8:50 per sentiero affollato in direzione prima Rif.Firenze e poi passo della Piera. Subito spuntano le Odle in tutto il loro fascino, osservate dal Sella e dal Sassolungo. Il sentiero è in falsopiano piacevole fino al passo dove termina e parte una buona traccia a bolli rossi che risale il vallone ghiaioso e faticoso che separa le due gemelle Sass Rigais e Furchetta. Il vallone mi è fatale e una folata di vento gelido mi stronca lo stomaco compromettendo parte della salita e tutta la discesa. Arrivati alla forcella che separa le due cime con una strapiombante parete sotto, si vira a sinistra dove con passi di I si arriva all’attacco della ferrata. La ferrata è ben solida come la roccia e si alterna a tratti attrezzati ad altri che non superano mai il II grado. La via seppur ben attrezzata e mai estremamente tecnica non è da sottovalutare sia per la discreta esposizione e sia per lo sforzo fisico. A 30m dalla cima il mio stomaco si ribalta e arrivo alla croce a stenti. Vista spaziale su tutte le Dolomiti a nord. Scendiamo per l’area ferrata di sudest dove in cresta le vertigini sono messe alla prova. Il traffico è estenuante e tocca spesso sostare un po per il flusso di gente e un po per il mio stomaco. La Furchetta, completamente desolata, fa quasi invidia (salita non attrezzata con passi di III). La ferrata prosegue fino ai prati della Piera e poi rientriamo a ritroso a Col Raiser per la meritata birra.

CIMA COCCA, CARRET, TOMEABRU, PARÌ, SCLAPA E ORO (19/06/2018)



CIMA COCCA, CARRET, TOMEABRU, PARÌ, SCLAPA E ORO (19/06/2018)
- Regione: Trentino Alto Adige, Trento
- Gruppo: Alpi di Ledro, Oro e Parì 
- Elevazione: 1991m slm (Parì)
- Tipologia: Giro ad anello con conquista delle cime 
- Itinerario: Da Mezzolago per sent.0454, traccia e rientro per 0453 
- Percorso: Sentiero segnato, traccia non sempre segnata
- Percorrenza: circa 8h senza soste
- Dislivello: 1600m
- Difficoltà: Ee
- Libro di vetta: Si (solo Parì)
- Croce di vetta: Carret, Parì, Sclapa e Oro
- Flora e fauna intravisti degni di nota: Nulla
- Densità escursionistica: 5/6 persone
- Punti d'appoggio: nulla.
- Note: Interessante anello su cime dimenticate teatro della prima guerra mondiale.


Parto di buonora da casa per fare questo giro che volevo fare da tempo e per far coincidere meteo e numero di cime annue, quest’anno molto sotto la media. Alle 8:00 scarse sono a Mezzolago sullo splendido specchio blu di Ledro e mi incammino per il ben tracciato e ripido sentiero militare 0454 che in mezzo al bosco mi porta in un’ora e mezza alla desolata cima Cocca dove giacciono i resti di una postazione militare e dove la vista su lago e alpi di Ledro, Cadria in primis e Baldo sono sensazionali. Riprendo il sentiero e sbuco in una verde vallata a ridosso di malga Saval e toccando prima cima Carret e poi Tomeabru sempre in mezzo a trincee ormai coperte da manti erbosi. La giornata è molto calda e i moltissimi i setti da bassa quota la rendono ancora piu insopportabile. Mi incammino dalla bocca Saval, limitrofa alla malga per traccia ben visibile verso sud risalendo la dorsale di cima Parì dove incontro una coppia tedesca in discesa. La vetta è colma di mosche, probabilmente attratta dai resti delle vivande di chi la visita e quindi rimango poco incamminandomi sempre per traccia militare e trincee in una cresta piuttosto affilata che mi porta a cima Sclapa dove pranzo poco sotto nei pressi della piccola croce di vetta. Riprendo il cammino dove incrocio un escursionista toscano con il quale scambio due chiacchere e inizio la discesa a valle verso bocca Dromaè per poi risalire cima Oro, anch’essa colma di mosche, dove giace un ometto mentre la croce di vetta si trova sull’antecima. La discesa avviene su trincea prima e ottimo sentiero poi con ottimi scorci sul lago di Ledro fino alla macchina.